Se Scott Kelly avesse preso alla lettera i titoli che negli ultimi giorni sono circolati sul suo conto, avrebbe avuto ragione di preoccuparsi: si è scritto che i 340 giorni di permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale, periodo concluso nel marzo 2016, hanno alterato in modo definitivo il 7% del suo DNA. Altri si sono spinti a dire che ormai l'astronauta non è più geneticamente identico al gemello Mark, rimasto sulla Terra.
Lo stesso Scott, sorpreso dalle voci sul suo conto, ha scritto in un tweet: «Che cosa? Il mio DNA è cambiato del 7%! E chi lo sapeva? L'ho appena saputo da un articolo. Potrebbe essere una buona notizia! Non devo più chiamare Mark Kelly mio gemello identico».
What? My DNA changed by 7%! Who knew? I just learned about it in this article. This could be good news! I no longer have to call @ShuttleCDRKelly my identical twin brother anymore. https://t.co/6idMFtu7l5
— Scott Kelly (@StationCDRKelly) 10 marzo 2018
L'origine dell'equivoco. La cattiva interpretazione giornalistica si riferisce a uno studio della Nasa sugli effetti del volo spaziale sui cambiamenti nell'espressione genica (e non sui cambiamenti nella sequenza genica). La ricerca a cui hanno collaborato diversi gruppi e che sarà pubblicata più avanti, quest'anno, ha confrontato il DNA dei due gemelli Kelly (Scott, in missione, e Mark, rimasto a Terra), prima, durante e dopo la permanenza in orbita.
Ma un paio di fumosi comunicati stampa della Nasa usciti prima del tempo (che, con le dovute precisazioni e cautele, avevamo ripreso anche noi), insieme alla smania di sensazionalismo, hanno fatto montare una bufala "spaziale".
Parti umano, torni... Naturalmente non è possibile che il 7% del DNA di Kelly sia "mutato" nello Spazio: basti pensare che il DNA dell'uomo e quello dello scimpanzé si discostano di circa il 2%, e che quello degli individui umani anche molto distanti per provenienza si differenziano dello 0,1%. I cambiamenti cui si fa riferimento non si sono registrati, quindi, nella sequenza dei geni, ma nel loro livello di espressione, ossia in come questi geni si attivano o disattivano in risposta alle sollecitazioni ambientali (influendo, per esempio, sul sistema immunitario o sulla crescita ossea). Ci si muove cioè nel campo dell'epigenetica - lo studio dei cambiamenti nel comportamento dei geni, e non nella sequenza di DNA.
Non è uno shock che l'espressione genica si modifichi in risposta a stimoli ambientali: lo fa continuamente in risposta a situazioni di stress di vario tipo, e semplicemente perché viviamo. Questo è uno dei limiti allo studio sui gemelli Kelly: non ci sono altri soggetti di controllo, e non sappiamo come sarebbe cambiata l'espressione genica in condizioni normali, senza missioni spaziali di mezzo.
La vera sorpresa. Un elemento affascinante dello studio è invece un'altra scoperta che riguarda il DNA, ma che non c'entra con l'espressione genica. Il DNA è impacchettato in strutture chiamate cromosomi, che terminano con "cuffie" protettive, i telomeri. Di norma, questi si accorciano con l'invecchiamento, o in situazioni di stress ambientale. Curiosamente, i telomeri di Scott Kelly si sono allungati nello Spazio (in condizioni decisamente stressanti per l'organismo) per poi riaccorciarsi bruscamente una volta a Terra.