Sorpresa: forse il Pianeta Rosso non è mai stato tanto ricco d'acqua come, invece, si pensa ormai abbastanza unanimemente. O meglio, l'acqua su Marte potrebbe esserci stata, ma non con quell'abbondanza di cui NASA, ESA e tanti ricercatori sono convinti. A questa rivoluzionaria conclusione sono giunti i ricercatori di un gruppo internazionale (tra cui tre italiani) dell'Università di Atacama (Cile) e della Arizona State University (USA).
Fiumi sì, ma di lava. «Secondo le nostre ricerche», spiega Daniele Gasparri dell'Università di Atacama, «il fluido principale che ha scavato i canali e le valli che sono confluite nel cratere Gale (dove si trova il rover Curiosity della NASA) è lava. Questo non significa che non possa esserci stata anche dell'acqua in altri periodi, ma le tracce principali sono state prodotte dalla lava, che ha modellato e riempito anche i crateri limitrofi».
Anche secondo Giovanni Leone, che è Direttore dell'Istituto di Astronomia e Scienze Planetarie dell'Università di Atacama, l'acqua su Marte avrebbe avuto un ruolo molto secondario. Leone ha già pubblicato numerose ricerche su riviste scientifiche dove sostiene tale ipotesi. Sua è anche la teoria che sostiene che le lave avrebbero avuto un ruolo fondamentale (molto più dell'acqua) nel modellare anche Valles Marineris, la lunga valle di oltre 7.000 chilometri che taglia in due Marte.
Minerali non alterati. Nell loro lavoro, pubblicato su Journal of Vulcanology and Geothermal Reserach, i ricercatori sostengono che il fondo del cratere Gale sarebbe stato parzialmente riempito dalla lava che è confluita da Farah Vallis, che si trova a sud, arrivata direttamente da un lungo canale che ha convogliato il flusso proveniente dalla regione chiamata Tyrrhenus.
«Abbiamo la certezza di tutto questo perché abbiamo ricostruito tutto il percorso attraverso simulazioni al computer, che ci dicono che la lava può essere arrivata fin da laggiù», ha proseguito Gasparri.
E ora come la mettiamo? Un'ulteriore conferma a questa ipotesi verrebbe dalla composizione chimica del fondo del cratere che, sebbene in alcuni e limitati punti possa suggerire la sporadica presenza di acqua, è caratterizzata da indizi che riconducono alla lava. «L'olivina inalterata, per esempio», continua Gasparri, «è un forte indizio che forse l'acqua è stata presente per poco tempo». L'olivina, infatti, è un minerale che si altera facilmente con l'acqua: averla trovata in questo stato inalterato testimonierebbe che ha avuto pochi contatti con il liquido.
È evidente che un'ipotesi come questa vada in conflitto con quanto è stato sostenuto dalla NASA, che ha fatto diverse ricostruzioni della storia passata del cratere Gale, che prevedono la presenza di flussi di grandi quantità di acqua.
Come quella rappresentata in questa animazione, che mostra il fondo del cratere oggi (con il dettaglio del rover Curiosity!) e miliardi di anni fa (con abbondanti quantità di acqua liquida):
Anzi, a dirla tutta, la NASA scelse questo luogo per far atterrare Curiosity proprio perché presentava "tracce" della presenza passata di grandi flussi d'acqua. E ora che questa presenza viene messa fortemente in discussione? Secondo logica, se non ci fu acqua in abbondanza, non sarebbe il caso di dire addio alle speranze di trovare vita? Secondo Gasparri, comunque, il risultato della ricerca è clamoroso fino a un certo punto: «È una conclusione "forte"», sostiene lo scienziato, «ma non è la prima che mette in dubbio le grandi quantità di acqua ipotizzate dalla NASA».