Le immagini della superficie di Plutone che la sonda della NASA New Horizons ha ripreso durante il fly-by del pianeta nano il 14 luglio 2015, e che lentamente sta inviando a Terra, non smettono di stupire.
In un’immagine trasmessa lo scorso 24 dicembre sono chiaramente visibili incredibili dettagli della regione denominata provvisoriamente Sputnik Planum, il lobo occidentale della pianura a forma di “cuore” battezzata, anch’essa provvisoriamente, Tombaugh Regio, dove è evidente una formazione davvero particolare.
Il segno di Plutone. Si tratta di una sorta di “X” sulla superficie: un incrocio di due elementi che fanno pensare a un’attività geologica inattesa. Questa X, inoltre, è circondata da una serie di scanalature ed è situata a breve distanza dall’ormai famoso cuore. A causa dell’assenza di crateri da impatto, è considerata una zona giovane in termini geologici ed è costituita da cellule ghiacciate di azoto dai contorni irregolari, di dimensioni comprese tra i 15 e i 40 km, in cui il metano ha colmato le lacune che separano queste celle.
La superficie di questa regione è inoltre decorata da increspature simili a dune e da piccole depressioni che la fanno apparire simile alla pelle di serpente. Si trova a una quota inferiore rispetto alla zona circostante, ma le cellule poligonali che la compongono, osservate con un’illuminazione radente, mostrano una zona centrale rialzata e bordi increspati, con variazioni complessive di altezza di un centinaio di metri.
superficie in lenta ebollizione. Le X non sarebbero dunque altro che i punti dove i blocchi di ghiaccio di azoto si incontrano, come le “fughe” che separano le piastrelle di una pavimento, e, secondo gli scienziati planetari che seguono la missione, indicano un'attività intrigante tipica del pianeta nano. In pratica, il modello a cellule deriverebbe dalla lenta convezione termica e ciclica dei ghiacci di azoto.
Grazie al modesto calore presente all’interno di Plutone, un “serbatoio” sotterraneo, situato ad alcuni chilometri di profondità, conserverebbe azoto solido che viene riscaldato dall’energia rilasciata, molto probabilmente, dal decadimento di elementi radioattivi. Il riscaldamento, facendo aumentare il volume del ghiaccio in profondità, renderebbe più bassa la sua densità e lo farebbe risalire lentissimamente in superficie sotto forma di “bolle” convettive.
Si tratterebbe in sostanza di grandi blocchi di ghiaccio, che, una volta giunti in superficie, dove la temperatura si aggira intorno ai -230 °C, raffreddandosi, tenderebbero poi a sprofondare in un ciclo continuo, un vero e proprio processo di ebollizione.