Spazio

Nevicate di "crema solare" su un pianeta extrasolare

Uno degli ingredienti tipici dei filtri solari ricade, sotto forma di neve, su un pianeta gigante scoperto da Kepler: un fenomeno mai osservato finora su nessun altro mondo alieno.

Una delle componenti tipiche dei filtri solari che usiamo per proteggerci dai raggi UV precipita, sotto forma di neve, su un esopianeta gigante a 1.730 anni luce dalla Terra. Tracce di biossido di titanio, ampiamente utilizzato nella cosmesi, sono state individuate nella bassa atmosfera di Kepler-13Ab, un pianeta extrasolare sei volte più massiccio di Giove, scoperto da dal telescopio spaziale Kepler e poi a lungo studiato da Hubble. Lo studio è stato presentato sul numero di ottobre di The Astronomical Journal.

Illustrazione: HAT-P-7b, il pianeta dove piovono rubini. © University of Warwick/Mark Garlick

Una singolare atmosfera. Il corpo celeste orbita molto vicino alla stella madre in una rotazione sincrona (volge alla stella sempre la stessa faccia) esasperata di circa 1,8 giorni terrestri.

Come risultato è rovente, con l'emisfero perennemente illuminato che raggiunge i 2.760 gradi °C di temperatura.

A differenza di altri pianeti gioviani caldi, Kepler-13Ab mostra tuttavia una tendenza inversa nelle temperature: più fredde negli strati alti, più calde in quelli inferiori.

Curiosità: in vacanza sull'esopianeta (i poster in stile "tour operator dello spazio"). © JPL / NASA

Di norma, nei pianeti giganti simili a Giove, il biossido di titanio nell'alta atmosfera del lato illuminato assorbe la luce della stella madre e irradia questa energia sotto forma di calore.

Schiacciato verso il basso. Su Kepler-13Ab i forti venti trasportano il biossido di titanio fino al lato in ombra, dove si raffredda e condensa, a formare le nuvole.

Queste rovesciano poi il filtro solare nella bassa atmosfera, dove rimane bloccato dall'intensa gravità del pianeta. Una simile "trappola" non era mai stata osservata su nessun altro esopianeta.

Studiare l'atmosfera di mondi così grandi aiuterà a raffinare gli strumenti per osservare gli strati gassosi di esopianeti più piccoli e difficili da analizzare.

5 novembre 2017 Elisabetta Intini
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