Se quello di una valanga o di una frana è uno spettacolo spaventoso, lo stesso evento assume risvolti ancora più inquietanti quando osservato su Giapeto, una delle lune ghiacciate di Saturno.
Qui le masse di ghiaccio che si staccano dalle pareti dei crateri o dalla gigantesca frattura equatoriale scivolano lungo montagne alte anche 20 chilometri, due volte e mezzo l'Everest, e precipitano a una velocità tale che più che massi rotolanti, ricordano lo scivolamento di un liquido. Studiando le dinamiche di queste rapidissime colate di materiale ghiacciato, gli scienziati sperano di poter comprendere più a fondo i meccanismi che si celano dietro alle più catastrofiche frane che colpiscono il nostro pianeta.
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Sono chiamate così valanghe eccezionalmente mobili che nella loro caduta possono coprire distanze anche 30 volte superiori all'altezza da cui si sono staccate (una frana comune viaggia invece per appena due volte, o anche meno, la distanza da cui si è originata). Come se fossero formate da materiali liquidi, queste frane, se incontrano una superficie in salita, sono addirittura in grado di impennare.
La causa di questo eccezionale scivolamento non è del tutto chiara, ma i ricercatori - in particolare Kelsi Singer, a capo dello studio - sospettano che la particolare velocità delle valanghe dipenda dal fatto che lo scorrimento del materiale in caduta riscaldi la superficie di ghiaccio sottostante rendendola ancora più scivolosa e consentendo così alla frana di compiere una strada ancora più lunga. E poiché Giapeto è molto freddo - la temperatura oscilla tra i -143 e i -173 °C, a seconda della zona del satellite su cui ci si trova - le proprietà del suo ghiaccio ricordano quelle delle rocce terrestri, dicono i ricercatori. Ecco perché questo meccanismo di surriscaldamento potrebbe spiegare anche alcuni smottamenti a lungo percorso verificatisi sulla Terra. «Le frane su Giapeto sono una sorta di esperimento planetario su vasta scala» spiega Singer «forniscono un esempio di valanghe di ghiaccio, e non di roccia, in assenza di gravità e di atmosfera. Condizioni che non potremmo ricreare in laboratorio».