Spazio

Nel 2020 la Stazione spaziale sarà disabitata?

La Stazione spaziale rischia di restare a equipaggio ridotto, se le space company di Boeing e SpaceX non saranno pronte con le loro navette per la NASA, che non vuole più servirsi dei russi.

La NASA ha un bel grattacapo da affrontare: come mantenere la sua posizione predominante sulla Stazione Spaziale Internazionale. In un recente rapporto, l'Ispettore Generale della NASA ha infatti fatto sapere che, a causa dei ritardi accumulati dalle space company private, che stanno costruendo nuove navicelle per portare uomini nello Spazio, l'utilizzo della ISS diminuirà drasticamente nel 2020, e che la NASA rischia addirittura di perdere completamente l'accesso alla struttura a partire dal prossimo autunno, proprio per la mancanza di lanciatori e navicelle.

Il rapporto della NASA asserisce che, a causa dei ritardi di Boeing e SpaceX, nessuna delle due società sarà probabilmente certificata (dalla NASA stessa) per effettuare voli regolari verso la Stazione spaziale prima dell'estate del 2020. SpaceX avrà probabilmente una prima certificazione per la sua Crew Dragon nel gennaio 2020, mentre per la CST-100 Starliner della Boeing la certificazione arriverà a febbraio: tuttavia, il vero via libera sarà dato solo dopo i voli di prova con equipaggio, che data la situazione attuale (e se non ci saranno altri intoppi) non saranno condotti prima dell'autunno.

Una navetta per la ISS: la Boeing CST-100 Starliner
Illustrazione: la navetta CST-100 Starliner di Boeing. © Boeing

I problemi: paracadute e interruzione di volo. I principali problemi ancora da risolvere per entrambe le space company stanno nei paracadute e nei sistemi di interruzione del volo. Nell'aprile del 2019 un fallimento da parte di SpaceX durante una prova ha causato un ritardo nei test con uomini di almeno tre mesi, e ulteriori ritardi si sono avuti dopo il malfunzionamento di due paracadute di una navicella Dragon, in agosto, al ritorno da una missione di rifornimento alla ISS. Stessi problemi per Boeing, con la mancata apertura di un paracadute durante una prova di interruzione di volo, il 4 novembre (la società ha dichiarato di aver individuato la causa dell'anomalia e di averci già posto rimedio).

I problemi legati all'interruzione del volo - precondizione di sicurezza per fare fronte a eventuali incidenti durante i primi secondi dopo il lancio - hanno insomma costretto SpaceX a scalare l'intero calendario dei lavori dopo l'esplosione di una Dragon durante la prova a terra, e per Boeing il ritardo complessivo è stato (finora) di oltre un anno.

Le conseguenze per la ISS. Tutto questo significa che, nei prossimi mesi, l'equipaggio a bordo della Stazione spaziale scenderà da sei a tre persone, forse già a partire dalla prossima primavera, con un solo astronauta americano a bordo della ISS. Questo farebbe scendere da 11,67 ore alla settimana dedicate alla ricerca a sole 5,5 ore (il resto del tempo è sempre dedicato alla manutenzione della ISS).

Una soluzione potrebbe essere quella di trasformare le prime missioni di prova delle navicelle Boeing e SpaceX in voli di lunga durata, anziché di pochi giorni come previsto ad oggi. Un'altra opzione sarebbe quella di acquistare nuovi posti sulle Soyuz - al costo di circa 80 milioni di dollari a testa - per arrivare almeno alla fine del 2020 con più persone a bordo della ISS: questa pare però l'ultima delle soluzioni, per la NASA, che ha finora pagato ai russi qualcosa come 4 miliardi di dollari e non vede l'ora di interrompere questo flusso di denaro facendo partire i suoi astronauti dal suolo americano.

1 dicembre 2019 Luigi Bignami
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