Spazio

Kepler: decine di nuovi pianeti, almeno 4 sono rocciosi e almeno due...

Aumenta sempre più il catalogo degli esopianeti identificati grazie a Kepler, che in questa occasione trova anche pianeti rocciosi forse idonei a sostenere la vita.

Ancora una volta è stato il telescopio spaziale Kepler a individuare decine di oggetti che sono poi risultati essere pianeti. La conferma della nuova infornata di esopianeti è arrivata dai grandi telescopi terrestri, primi tra tutti i due dell’Osservatorio del Keck (Hawaii), poi i Gemini Telescope (uno in Cile, l’altro alle Hawaii), l’Automated Planet Finder (in California) e l'LBT (Mount Graham, Arizona).

Incrociando le informazioni raccolte si è potuto stabilire che dei 197 oggetti individuati da Kepler ben 104 sono pianeti extrasolari.

Dei rimanenti rimanenti 93 oggetti, 63 sono ancora in fase di studio mentre 30 sono risultati false rilevazioni.

Superati i problemi di 3 anni fa, il telescopio spaziale Kepler sta vivendo una nuova vita. © NASA

Particolarmente interessante è il fatto che 4 dei pianeti scoperti appartengono ad un’unica stella e, per alcune delle caratteristiche estrapolate, potrebbero somigliare alla Terra. Per esempio, si direbbe che siano tutti e quattro rocciosi e la loro massa varia dal 20 al 50 per cento in più rispetto al nostro pianeta.

Spiega Ian Crossfield (università dell’Arizona), prima firma dello studio 197 Candidates and 104 Validated Planets in K2's First Five Fields (PDF in inglese): «Sono pianeti che si trovano molto vicini alla loro stella madre, più vicini di quanto lo è Mercurio al Sole. Tuttavia la loro stella è molto meno luminosa della nostra e due di essi si trovano a una distanza tale per cui la quantità di radiazioni che ricevono potrebbe essere simile a quella che arriva a noi dal nostro Sole». Non è dunque da escludere che vi possano essere le condizioni per ospitare la vita.

Riciclo ben riuscito. Questa scoperta porta di nuovo l’attenzione su Kepler, il cacciatore di pianeti. Tre anni fa andò fuori uso, ma i ricercatori della NASA riuscirono a riportarlo in vita dando il via a quella che oggi viene chiamata missione K2, da Kepler 2.

All'epoca del malfunzionamento Kepler non era più in grado di individuare stelle simili al Sole in una precisa porzione di cielo dell’emisfero settentrionale. La NASA è riuscita allora a fargli scrutare una più ampia fascia di cielo, e quando il telescopio individua una stella con possibili pianeti cerca l’aiuto dei più grandi osservatori terrestri per verificare i dati: un lavoro in cooperazione che sta dando risultati inaspettati.

22 luglio 2016 Luigi Bignami
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