Quando un satellite meteo della NOAA specializzato in temporali ha individuato un bagliore molto diverso da un fulmine sopra i Caraibi, lo scorso 22 giugno, uno scienziato della NASA esperto in traiettorie orbitali ha avuto un improvviso sospetto. Poteva quel bolide esploso in atmosfera, essere lo stesso oggetto near-Earth appena segnalato dal sistema di allerta automatico anti-collisione? La sua intuizione si è rivelata esatta.
qualche ora prima... All'alba del 22 giugno, l'ATLAS survey telescope dell'Università delle Hawaii a Mauna Loa aveva individuato un asteroide di 5 metri di diametro a 500.000 km dalla Terra, oltre l'orbita lunare: per avere un'idea della precisione di rilevazione, è come se potessimo vedere un moscerino da 500 km di distanza.
La roccia celeste, chiamata 2019 MO, era troppo piccola per rappresentare un pericolo e sarebbe sicuramente andata distrutta nell'impatto con l'atmosfera. Tuttavia, costituiva un buon banco di prova per testare il sistema di rilevazione automatico degli oggetti near-Earth che possono impattare con il nostro pianeta.
protocollo collaudato. Le osservazioni di ATLAS sono state subito inviate al Minor Planet Center della NASA (il centro che processa tutti i dati mondiali sulle osservazioni di asteroidi) e valutate da un software (SCOUT) che calcola le probabilità di impatto di ogni oggetto celeste. Scout ha stabilito che 2019 MO era in rotta di collisione certa con la Terra, ma anche che si sarebbe disintegrato in atmosfera.
Una "vecchia" conoscenza. La vicenda si sarebbe chiusa qui se, la sera di quello stesso giorno, il satellite meteo GOES-16 non avesse scorto un lampo di luce anomalo sopra i Caraibi corrispondente al profilo di un bolide, una meteora che esplode quando entra in atmosfera. Davide Farnocchia, uno scienziato del Center for Near Earth Object Studies della NASA, ha pensato potesse trattarsi di MO 2019 e ha provato a calcolare la traiettoria del masso spaziale, da quando era stato avvistato da ATLAS fino al momento dell'esplosione.
I profili coincidono! I dati di ATLAS non erano abbastanza precisi, ma un altro osservatorio, il Pan-STARRS 2 survey telescope a Maui, stava fotografando la stessa regione di cielo nello stesso momento. Farnocchia e colleghi sono riusciti a rifinire i calcoli e stabilire che il "colpevole" era proprio 2019 MO. Dal primo avvistamento, erano passate solo 12 ore.
Gli asteroidi di questo tipo sono molto più piccoli di quelli che gli scienziati sono chiamati a rintracciare: gli oggetti spaziali più pericolosi e allo stesso tempo meno conosciuti sono infatti quelli di dimensioni comprese tra una decina e qualche centinaio di metri di diametro, pericolosi e ancora in gran parte non rilevati.
Essere riusciti a individuarne uno così piccolo dimostra il successo del sistema di rilevazione coordinato messo in campo dalle agenzie spaziali e dagli osservatori astronomici di tutto il mondo.