Sarà per l'imminente 50esimo dell'allunaggio, o per la volontà di legare l'attuale Presidenza USA a un'impresa grandiosa: fatto sta che l'Amministrazione Trump sembra realmente intenzionata a riportare l'uomo sulla Luna nel 2024, e per riuscirci ha chiesto al Congresso un'ulteriore (e salata) spinta.
Lunedì 13 maggio l'amministratore della NASA, Jim Bridenstine, ha presentato domanda di approvazione di altri 1,6 miliardi di dollari (attualmente 1,4 miliardi di euro) che andranno a sommarsi ai 21 già richiesti per il budget dell'agenzia spaziale nel 2020. Come ha precisato Bridenstine, si tratterebbe di una sorta di "acconto" per rispettare gli ambiziosi piani di un ritorno sulla Luna nel 2024, ossia con quattro anni di anticipo rispetto a quanto annunciato dalla stessa amministrazione pochi mesi fa.
La speranza è femmina. Il nuovo programma lunare si chiamerà Artemis - Artemide, la personificazione della Luna crescente - sorella gemella di Apollo ("divinità protettrice" della prima serie di missioni Usa). Tra i candidati alla nuova avventura ci sarà per la prima volta anche una donna, come Bridenstine non cessa di ripetere... e tuttavia, da qui al primo allunaggio di questo millennio c'è una serie di non trascurabili difficoltà.
Il 2024 equivale a dopodomani, in termini spaziali. La NASA dovrebbe affidare il suo equipaggio a una capsula spaziale che non è ancora stata testata per il trasporto umano, lanciata da un razzo gigante che non ha mai volato e traghettata da un lander che ancora non esiste. Gli astronauti conterebbero su un avamposto cislunare che non è stato assemblato e su tute spaziali non ancora disegnate. Insomma, le premesse non sono tra le più incoraggianti.
Una coperta corta. Per coprire tutte queste esigenze, l'impegnativa prima rata richiesta sembra quasi poca cosa. I fondi che devono ancora essere approvati dal Congresso inizierebbero a coprire i costi dello Space Lauch System (SLS), il lanciatore progettato da un consorzio guidato da Boeing, il cui battesimo dell'aria è rimandato da anni, nonché della navicella Orion, un progetto in dirittura di arrivo che tuttavia non volerà con equipaggio umano prima del 2022.
Circa un miliardo di dollari servirà invece a finanziare un lander lunare che possa traghettare gli astronauti dal Lunar Gateway (la stazione cislunare, che ad oggi esiste solo su carta) fino alla superficie del nostro satellite. Forse non a caso pochi giorni fa Jeff Bezos ha svelato un nuovo design di modulo lunare di Blue Origin.
In comode rate. Insomma, anche se il nuovo budget complessivo della NASA (22,6 miliardi, se venisse approvato) sarà il più consistente degli ultimi anni, per gli esperti di tecnologie spaziali non sarebbe che l'inizio di una serie di esborsi, indispensabili per provare a rispettare la scadenza del 2024.
Per Casey Dreier, consigliere della Planetary Society, consultato dall'Atlantic, occorrerebbero a questo scopo almeno 4 o 5 miliardi di dollari all'anno per i prossimi cinque anni.
Il "modesto" acconto chiesto per ora sarebbe dunque una mossa cauta, per non indispettire il Congresso - del resto, per il muro ai confini con il Messico sono stati chiesti 8,6 miliardi di dollari, e in un colpo solo. In ogni caso, con la richiesta di denaro non sono arrivati i grossi cambiamenti programmatici che secondo gli esperti sarebbero indispensabili per riuscire ad accorciare i tempi, come il ricorso a razzi - e se serve pure alle capsule - di compagnie spaziali private come SpaceX (con il suo Falcon Heavy) e il momentaneo accantonamento del Lunar Gateway. In alternativa, una versione semplificata della stazione in orbita lunare potrebbe essere chiesta a compagnie private come Lockheed Martin, Boeing o Blue Origin.
Il tutto avviene mentre la NASA fatica a far ripartire missioni spaziali dal suolo americano dopo il pensionamento dello Space Shuttle. L'ultimo test statico dei motori della capsula Crew Dragon è finito molto male, e l'incidente potrebbe ritardarne il primo volo con equipaggio, previsto per quest'estate.
chi ci rimette? Resta poi la questione di dove recuperare i fondi che mancano. Si temono tagli ad altri programmi - specialmente quelli scientifici e di divulgazione - mentre secondo l'Associated Press quegli 1,6 miliardi verrebbero spostati dai fondi residui dei Pell Grants, i sussidi federali per aiutare gli studenti a basso reddito a sostenere l'istruzione universitaria.