Marte ci ha da poco mostrato un nuovo fenomeno per il quale la scienza, al momento, non sembra avere una interpretazione adeguata: dalla superficie del Pianeta Rosso sono stati osservati giganteschi pennacchi alzarsi ripetutamente verso lo spazio, fino a quote di oltre 200 km. Le singolari strutture si sono formate nell’arco di una decina di ore e hanno interessato un’area molto estesa. La scoperta non arriva da astronomi professionisti bensì da astrofili, che osservano e fotografano il pianeta arrivando a volte a scoperte davvero importanti.
Astrofili in azione. Ma proprio perché i pennacchi sono stati segnalati da persone (W. Jaeschke e D. Parker) che non appartengono all’ambiente accademico ci sono voluti diversi mesi - dal marzo del 2012, quando vennero osservati per la prima volta - prima di essere verificati. La prima osservazione è del il 12 marzo 2012: nell’emisfero meridionale di Marte videro una risalita di materiale in una regione dove stava sorgendo il Sole. Negli 11 giorni successivi il “materiale” cambiò forma, trasformandosi da una massa informe a pilastri e altre strutture. Dopo poche settimane sul versante nord del pianeta apparve un nuovo pennacchio, e lì rimase per circa una settimana e mezzo.
A quasi 250 km di quota. I pennacchi, come si vede nell’immagine di apertura, sono stati inizialmente interpretati come una risalite di polvere dalla superficie, portata in alta quota da una tempesta di sabbia di estrema potenza. Ma questa spiegazione è crollata quando si è capito che alcuni pennacchi arrivano anche a 250 km d’altezza. La polvere non riesce a sollevarsi oltre 50 km di quota, e ci devono essere condizioni particolari che Aymeric Spiga, planetologo dell’Università Pierre e Marie Curie di Parigi, ha definito tempeste a razzo. «Queste immagini», afferma il ricercatore, «sono una grandissima sorpresa e aggiungono un nuovo enigma marziano da spiegare.»
Ghiaccio o aurore? Se non è polvere, di che cosa sono fatte quelle strane “nuvole”? Agustin Sànchez-Lavega dell’Università di Bilbao (Spagna) ha avanzato due ipotesi: sono il prodotto di nubi di particelle di ghiaccio d’acqua e/o di anidride carbonica oppure fenomeni simili ad autore boreali. Se la prima ipotesi fosse corretta sarebbe necessario ipotizzare temperature, a 200 km d’altezza, molto più fredde di quelle che sono state misurate: se fossero nubi di ghiaccio, c’è qualcosa nella meteorologia di Marte che sfugge a tutti i ricercatori.
La seconda ipotesi richiede invece l’interazione di particelle cariche elettricamente provenienti dal Sole con un campo magnetico che esiste solo in alcune aree di Marte: il pianeta, infatti, non ha un campo magentico globale come la Terra, ma solo deboli campi magnetici locali.
«Questa ipotesi è più difficile da sostenere della prima», osserva Nicholas Heavens, planetologo della Hampton University della Virginia (Usa).
E le sonde attorno a Marte? Possibile che gli strumenti a bordo di una flotta di sonde attorno a Marte e su due rover sulla sua superficie non abbiano visto nulla? «I rover si trovano da tutt’altra parte rispetto alle aree dove sono avvenuti i pennacchi», spiega Sànchez-Lavega, «mentre la possibilità per le sonde di osservare simili eventi sarebbe altissima... ma solo se si trovassero al momento giusto sul punto giusto». In realtà chi si trovò ad osservare Marte nel momento giusto fu il telescopio spaziale Hubble, che il 17 maggio 1997 fotografò qualcosa di simile, ma al fenomeno non fu data particolare importanza perché mai più visto da astronomi professionisti.
Nel 2014 gli stessi astrofili hanno puntato ripetutamente i propri telescopi verso Marte quando, nella sua orbita attorno al Sole, si trovava più vicino alla Terra, ma non hanno più visto nulla di simile. Ora la prossima occasione si avrà nel 2016.