Spazio

Il mistero del buco nero mancante

Lo strano caso di Abell 2261: una gigantesca galassia ellittica che non ha, al suo centro, il buco nero supermassiccio che ci aspetterebbe di trovare.

Dovrebbe essere lì, ma non si trova. E non stiamo parlando di un oggettino piccolo piccolo, ma di un buco nero supermassiccio, di almeno 10 miliardi di masse solari (per confronto, quello al centro della Via Lattea è di appena 4 milioni di masse solari). La scena del crimine si trova nell'ammasso di galassie chiamato Abell 2261, a circa 3 miliardi di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione di Ercole. Tra le molte galassie che compongono l'ammasso spicca quella indicata come A2261-BCG, che domina il gruppo. È una ellittica gigante, il tipo di galassie più grande dell'universo; non solo, ha un nucleo che è il più esteso mai osservato in una galassia, ampio oltre 10.000 anni luce.
 
Accresciuti e fusi. Già da alcuni decenni gli astronomi hanno riscontrato che nel centro di quasi tutte le grandi galassie si nasconde un enorme buco nero: questi buchi neri sono chiamati supermassicci, per distinguerli da quelli "normali" che si formano per il collasso gravitazionale di una singola stella. Non si sa esattamente come si formino i buchi neri supermassicci: probabilmente sono oggetti molto antichi, nati nelle galassie di miliardi di anni fa a partire da "semi" di materia, per esempio dalle stelle di grande massa che esistevano nelle prime fasi di vita dell'Universo. Poi, con il tempo, questi buchi neri si sono accresciuti, attirando a sé la materia (sotto forma di stelle e gas) che passava loro vicino. E in qualche caso due galassie, ciascuno con il proprio buco nero, si scontravano, e i buchi neri nei loro nuclei si fondevano formandone uno solo ancora più grande.
 
Insomma, pareva ovvio che anche A2261-BCG, essendo una super galassia con un diametro di un milione di anni luce, cioè circa 10 volte quello della nostra Via Lattea, dovesse avere un buco nero supermassiccio al suo centro. Così la caccia per identificarlo è cominciata.
 
Prove indirette. Attenzione: la ricerca era complicata dal fatto che si stava cercando un oggetto che per definizione non emette alcun tipo di radiazione, e che quindi è invisibile. Ma anche i buchi neri, se non possono essere colti sul fatto, lasciano comunque delle tracce. Per esempio, le stelle nelle vicinanze di un buco nero galattico si muovono a grande velocità attorno a qualcosa, appunto, di invisibile, e studiando i loro movimenti si può dedurre la presenza del buco nero. Nel 2012 la galassia A2261-BCG era quindi stata osservata con il telescopio spaziale Hubble, ma l'indagine aveva portato a un nulla di fatto.

O meglio, si vedeva il nucleo centrale della galassia stranamente dilatato, ma niente buco nero. Anzi, nel nucleo di A2261-BCG la luminosità, invece di aumentare come accade per le altre galassie, calava leggermente. E, ancora, la massima concentrazione di stelle non coincideva esattamente con il centro della galassia, ma era spostata di 2.000 anni luce.
 
Altri strumenti di indagine. L'indagine doveva proseguire, ma era necessario cambiare metodo. Quindi, dalle osservazioni alle lunghezze d'onda della luce visibile si è passati alle onde radio e ai raggi X. Perché quando la materia sta per cadere dentro a un buco nero viene accelerata a velocità prossime a quella della luce, riscaldata a temperature altissime ed emette un ultimo bagliore, quasi una estrema invocazione di aiuto, sotto forma di onde radio e raggi X. L'analisi in radio di A2261-BCG ha mostrato che c'erano sì delle emissioni dal nucleo, ma erano vecchie di 50 milioni di anni: come se a quell'epoca il buco nero si fosse "spento", o fosse scappato.

Un'immagine di A2261-BCG che combina osservazioni nella luce visibile con altre nei raggi X (in violetto) ottenute dal telescopio spaziale Chandra.
Un'immagine di A2261-BCG che combina osservazioni nella luce visibile con altre nei raggi X (in violetto) ottenute dal telescopio spaziale Chandra. © X-ray: NASA/CXC/Univ of Michigan/K. Gültekin; Optical: NASA/STScI and NAOJ/Subaru; Infrared: NSF/NOAO/KPNO

Nei raggi X, invece, un nuovo studio è stato condotto di recente da un gruppo guidato da Kayhan Gültekin, dell'Università del Michigan, grazie al telescopio spaziale Chandra. La ricerca ha individuato nel nucleo della galassia un paio di agglomerati di materia sospetti, che però si sono presto rivelati essere due mini galassie inghiottite da quella più grande. E niente che faccia pensare alla presenza di un buco nero supermassiccio.
 
Le conclusioni. Le strane caratteristiche di A2261-BCG fanno pensare a uno scenario in cui essa sia entrata in collisione con un'altra galassia e che i buchi neri delle due si siano fusi tra loro. Molti indizi convergono su questa ricostruzione: la "danza" tra i due buchi neri prima di fondersi potrebbe spiegare il nucleo "allargato" di A2261-BCG, la relativa scarsità di stelle nel centro, il fatto che la zona più luminosa non sia esattamente in mezzo. Rimane da capire perché il buco nero supermassiccio non si trovi. E le ipotesi sono due: la prima è che effettivamente sia ancora lì, ma sia molto "tranquillo", perché si è divorato tutto quello che poteva e non è rimasto niente che possa emettere un ultimo grido, come un serial killer che ha esaurito le proprie vittime. In questo caso, prima o poi forse lo individueremo. La seconda è che non ci sia più, che sia stato espulso dal trambusto gravitazionale conseguente alla collisione tra le due galassie: in questo caso scovarlo nello spazio intergalattico sarà davvero complicato.

Potrebbe farla franca.

20 gennaio 2021 Gianluca Ranzini
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