Per prepararsi al primo, grande passo sulla Luna, gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin (e poi tutti i moonwalker dopo di loro) si addestrarono sia in una base in prossimità del Grand Canyon sia in un antico cratere da impatto, il Meteor Crater, uno dei meglio conservati sulla Terra. Ambienti "lunari" del tutto naturali che ancora oggi sono frequentati dagli astronauti che presto potrebbero calcare il suolo della Luna. Si racconta che nel cratere Aldrin abbia strappato la tuta spaziale su di una formazione rocciosa che, da allora, per l'appunto si chiama "roccia dei pantaloni strappati": fantasioso o meno, pare che l'incidente obbligò la Nasa a rivedere alcune caratteristiche delle tute.
Quintali di dinamite. In prossimità delle stesse aree la NASA e l'U.S. Geological Survey (il Servizio geologico degli Stati Uniti) realizzarono anche "ambienti lunari" ad hoc, facendo saltare quintali di dinamite per creare crateri che replicassero la superficie della Luna. In particolare, guidati da una sorta di cartografia per immagini realizzata nel corso delle missioni Apollo 8 e 10, gli esperti coordinati da Gene Shoemaker (uno degli scopritori della cometa che nel 1994 impattò su Giove), cercarono di ricostruire (per quanto possibile) l'esatta morfologia del sito di atterraggio previsto per l'Apollo 11, nel Mare della Tranquillità, dove allunarono gli astronauti di Apollo 11.
In quella "Luna sulla Terra" gli astronauti hanno provato gli strumenti che avrebbero portato con loro, dalle semplici pinze - utilizzate poi per raccogliere campioni - ai rover, come testimoniano le numerose fotografie arrivate fino a noi grazie agli archivi Nasa: oggi, tra quei crateri si incontrano gli astronauti della classe 2017, candidati per le future missioni lunari e marziane. Lo Stato dell'Arizona ha proposto di chiudere ai test alcuni di quei siti per trasformarli in luoghi "archeologici sacri".