Quali sono i luoghi dove ci sono - con una certa probabilità - le condizioni per lo sviluppo di forme di vita molto semplici?
Lune di Saturno: Titano e Encelado. In quest'ultima sono state trovate le prove dell'esistenza di oceani sotterranei che potrebbero ospitare forme di vita.
Lune di Giove: Europa e Ganimede. Quest'ultima avrebbe una struttura a strati di acqua e ghiaccio, come un panino.
Potrebbe esserci vita nello spazio: il problema è trovarla. Uno dei potenziali candidati a ospitare organismi viventi è Europa, una delle lune di Giove e uno dei luoghi più inospitali dell’intero Sistema Solare.
Con una temperatura al suolo di -100°C e una superficie costantemente spazzata da radiazioni cosmiche, Europa potrebbe infatti nascondere al suo interno uno degli oceani più vasti e profondi dell’Universo conosciuto.
Secondo gli astronomi, sotto la coltre di ghiaccio che ricopre il satellite spessa fino a 20 km, potrebbe esserci una riserva di acqua profonda oltre 100.000 metri e con un volume complessivo compreso tra 3 e 4 miliardi di km cubici, quasi tre volte quello delle riserve idriche terrestri. E sul pavimento di questo oceano nascosto potrebbero esserci vulcani attivi e sorgenti idrotermali.
Se, come ipotizzano gli scienziati, gli elementi chimici presenti sulla superficie di Europa riuscissero a superare la coltre di ghiaccio e filtrare verso il fondo di questo mare, sulla luna di Giove ci sarebbero tutti gli ingredienti indispensabili alla nascita di batteri estremofili, vermi tubolari e altri organismi unicellulari simili a quelli che abitano nei pressi delle sorgente calde degli oceani terrestri.
Ma il problema degli scienziati, per ora, è quello di trovare un modo per raggiungere questa grande massa d’acqua che è coperta da uno strato di ghiaccio alto come due monti Everest o 53 Empire State Building uno sopra l’altro.
Ice Penetrator: il proiettile scienziato
La sfida tecnologica è senza precedenti: l’attrezzatura che andrà su
Europa dovrà essere semplice, robustissima e affidabile nel tempo. Non
solo: dovrà essere in grado di ripararsi da sola (non ci saranno
ingegneri ne meccanici pronti a intervenire) e dovrà portare con sé
combustibile sufficiente a lavorare per anni senza bisogno di
rifornimenti. E il tutto dovrà essere così leggero da poter essere
sparato nel cosmo e uscire dall’attrazione gravitazionale terrestre.
Fantascienza. Almeno per ora.
E così Sanjay Vijendran e suoi colleghi dell’ESA hanno optato per un
approccio più soft: per ora progettano una missione che si limiti a
scalfire la superficie di Europa, analizzare la composizione del
ghiaccio e trasmettere le informazioni sulla Terra.
Ice Penetrator, questo il nome del laboratorio allo studio degli
scienziati, sarà insomma una specie di grosso proiettile del peso
approssimativo di 150 kg che verrà lanciato contro il ghiaccio di Europa perforandone una piccola parte.
Spettrometri, microscopi e altri
semplici strumenti analizzeranno le schegge di materiale gelato e
invieranno i risultati a terra.
La partenza della missione è prevista per il 2022: dovrebbe arrivare su
Europa nel 2030 ma i problemi da risolvere sono ancora molti. Non ultimo
la messa a punto di un sistema che permetta agli strumenti scientifici
di resistere al violentissimo impatto necessario per rompere il ghiaccio
del satellite.
Come ti sciolgo il ghiaccio
Ma il fascino dell’oceano sperduto
nel cosmo è irresistibile e molti ricercatori non sono disposti a
rinunciarvi. Tra i progetti più ambizioni c’è quello di Victoria Siegel e
dei suoi colleghi della Stone Aerospace di Austin, in Texas. La loro
idea è quella di mandare su Europa una specie di piccola torre di
trivellazione in grado di perforare lo strato di ghiaccio con getti di
acqua calda.
Una volta completato il tunnel verrebbe sganciato
nell’oceano di Europa un mini sommergibile robot che si occuperebbe di
tutte le esplorazioni del caso.
Tutta l’attrezzatura avrebbe le dimensioni di una city car e non
peserebbe più di 180 kg. L’energia necessaria alla produzione di acqua
calda, ottenuta sciogliendo il ghiaccio di Europa, sarebbe garantita da
un piccolo reattore nucleare.
Il team ha già condotto i primi test a
dicembre del 2013, utilizzando fibre ottiche e raggi laser per perforare
uno strato di ghiaccio di due metri. I risultati sono positivi, ma la
strada è ancora lunga. La prossima sfida è per giugno, quando il team si
trasferirà in Alaska con un nuovo prototipo. Obiettivo: perforare 30
metri di ghiaccio senza incidenti.
Teste rotanti e cavi di kevlar
L’entusiasmo del team di Austin non è però condiviso da tutti: Kris
Zacny e i suoi colleghi della HoneyBee Robotics di Pasadena, in
California, sono convinti che la strada della perforazione tradizionale,
utilizzata da oltre un secolo dall’industria mineraria, sia la più
semplice e la più promettente. E così hanno realizzato Auto Gopher, una
testa perforante a otto punte lunga un paio di metri che funziona
sospesa ad un cavo.
La loro idea è quella di inviarla su Europa,
agganciarla a un verricello e farla scendere pian piano nel ghiaccio.
Realizzata in tungsteno, la testa perforante non dovrebbe aver problemi
nè con il ghiaccio nè con le rocce.
Nessuna difficoltà nemmeno per l’approvvigionamento energetico, visto
che Auto Gopher consuma più o meno come un phon e un rover delle
dimensioni di Curiosity dovrebbe essere in grado di trasportare tutti i
pacchi batteria necessari.
Per un pugno di dollari
Queste
tecnologie potrebbero forse essere pronte entro una decina d’anni. Ma
per quella data potremmo comunque non essere ancora in grado di
organizzare una spedizione su Europa. Uno smacco? In parte sì, anche perché oltre che i problemi tecnologici, i pionieri dell’esplorazione
spaziale estrema devono affrontare quelli di budget.
A Marzo il
Presidente Obama ha ufficialmente proposto il finanziamento di una
missione su Europa. Secondo gli esperti, che per altro stanno lavorando
al progetto già da 15 anni, potrebbero essere necessari almeno 2
miliardi di dollari. Circa il doppio di quelli che la NASA è attualmente
disposta a investire.
“Il ghiaccio ci parla dobbiamo solo ascoltarlo” spiega alla stampa
l’astrobiologo Chris McCay, anche perché, suggerisce l’esperto, queste
tecnologie di perforazione potrebbero essere utili anche in altre zone
del Sistema Solare.
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