Quel che possono causare gli impatti di asteroidi sulla Terra lo sappiamo: il più noto è quello che, circa 66 milioni di anni fa, spazzò via il 75 per cento delle specie viventi. Ma è accaduto qualcosa di simile anche sugli altri pianeti del Sistema solare. Secondo la teoria di qualche anno fa, un asteroide (o una cometa) sarebbe precipitato su un oceano di Marte circa 3,4 miliardi di anni fa, e avrebbe probabilmente causato un gigantesco tsunami.
Ora, secondo una nuova ricerca guidata da Alexis Rodriguez e pubblicata su Scientific Reports, sarebbe stato individuato il luogo di quell'impatto grazie all'analisi dei dati e delle immagini fornite dalle varie sonde in orbita marziana.
IL CRATERE DELL'IMPATTO. L'oggetto sarebbe precipitato sulle grandi pianure settentrionali del Pianeta rosso che circondano il Polo Nord e che a quel tempo potevano essere ricoperte da un grande oceano. Proprio dal punto in cui oggi è visibile un cratere sarebbe partito il cosiddetto "megatsunami".
Il cratere - chiamato Pohl in onore di Frederik Pohl, scrittore statunitense di fantascienza - ha un diametro di 111 km e si trova a circa 120 metri sotto il livello del mare di allora.
È proprio lì? Non è la prima volta che qualcuno sostiene di aver identificato il cratere da impatto che produsse il megatsunami. Qualche anno fa, ad esempio, si era scoperto che fossero stati addirittura due gli asteroidi che causarono lo tsunami: un primo ricoprì d'acqua circa 800.000 km quadrati di Marte, mentre quello più recente sommerse una regione di circa 1 milione di km quadrati.
Uno studio del 2019 aveva invece individuato quello che poteva essere il luogo da cui partì il secondo tsunami: il cratere Lomonosov, che ha un diametro di 120 km e si trova anch'esso nelle pianure settentrionali di Marte. Le dimensioni riportano alla mente proprio il cratere di Chicxulub. Ma ulteriori studi avrebbe permesso di capire che la datazione non coincide con precisione al megatsunami marziano.
L'aiuto della sonda-robot. Le recenti ricerche di Rodriguez sono partite dal luogo in cui, nel 1976, atterrò la sonda Viking 1 della Nasa, ossia a Chryse Planitia, una pianura poco a nord dell'equatore marziano. Vicino al luogo di atterraggio della sonda è presente un grande canale, Maja Valles, scavato da un antica alluvione. Ma anziché trovare caratteristiche tipiche delle inondazioni terrestri i ricercatori si sono trovati di fronte a una pianura cosparsa di massi.
La nuova ipotesi è che quelle rocce siano state trasportate proprio dal megatsunami.
Certo è che il cratere Pohl si trova a un'enorme distanza (circa 900 km) dal sito di atterraggio del Viking 1. Ma simulazioni al computer hanno permesso di scoprire che l'impatto di un asteroide di 10 km di diametro avrebbe potuto generare un'onda in grado di farsi sentire anche a 1.500 km e dunque sufficiente per raggiungere il sito di atterraggio del Viking 1 e spostarvi grossi macigni.
ENERGIA VITALE. L'enorme onda potrebbe essere arrivata a circa 500 metri di altezza in mare e a circa 250 metri di altezza sulla terraferma. Sottolinea Rodriguez: «Subito dopo la nascita di quel cratere, l'energia sviluppata avrebbe potuto generare sistemi idrotermali sottomarini della durata di decine di migliaia di anni, fornendo energia e ambienti ricchi di sostanze nutritive». Un aiuto alla vita, se mai ci fu sul Pianeta rosso.