Quando il lander InSight è arrivato su Marte, nel novembre del 2018, nell'immensa Elysium Planitia, dopo tutti i necessari auto-test di funzionamento ha messo in azione il suo braccio robotizzato e deposto sul terreno gli strumenti portati dalla Terra: innanzi tutto un sismometro, che funziona perfettamente e ha già rilevato un terremoto marziano; poi uno strumento equipaggiato con un perforatore, per arrivare con una sonda (l'HP3, un sensore per rilevare il flusso termico) fino a circa 5 metri di profondità e misurare il flusso di calore proveniente dal nucleo del Pianeta Rosso. Per penetrare nel suolo, il perforatore (chiamato la talpa) è dotato di una specie di molla che, caricata, dà un colpo a una punta per spingerla verso il basso.


Purtroppo la talpa si è bloccata a circa 35 centimetri di profondità e, nonostante i tentativi, non è stato possibile spingerla ulteriormente: «Inizialmente tutto funzionava perfettamente», afferma l'astronoma Suzanne Smrekar, responsabile del progetto, «poi all'improvviso la talpa ha smesso di procedere».
Si è pensato che il perforatore avesse incontrato un sasso, una situazione prevista: gli ingegneri pensavano di poter frantumare l'ostacolo perciò hanno continuato col martellatore a molla, ma senza risultati. Nuovi studi su ciò che potrebbe essere accaduto hanno adesso indotto i geologi a pensare che non si tratti di un sasso, ma di un'ostacolo più subdolo: una zona cava, vuota.


«L'attrito del terreno è essenziale per la perforazione, in quanto il rinculo del colpo del martellamento deve essere assorbito: se la talpa è in una zona cava, il risultato è negativo», spiega Matthias Grott, del German Aerospace Center Institute, responsabile del team che ha progettato e costruito il perforatore.
Che fare? Come sempre accade nelle missioni spaziali, prima di dare per perso e abbandonare uno strumento al suo destino si fanno tutti i tentativi possibili, anche quelli mai previsti durante le simulazioni a Terra, come in questo caso. Manovrando il braccio robotizzato, gli ingegneri della tenteranno di estrarre di poco la parte superiore del perforatore per fotografare il foro e cercare di capire se c'è modo di rimediare: l'operazione è delicata, perché se dovesse fuoriuscire il terminale del perforatore non sarebbe più possibile ricominciare da capo.


La difficoltà della manovra è dettata soprattutto dal fatto che il braccio robotizzato è pensato per maneggiare la custodia dello strumento, non lo strumento stesso, quindi dovranno lavorare con estrema lentezza. L'operazione, però, non solo potrebbe chiarire qual è lo stato della situazione, ma anche far cadere del terreno all'interno del buco, per riempire la zona vuota (se questo fosse il problema).
In prima battuta si cercherà adesso di sollevare lo strumento di una decina di centimetri e di fotografare l'interno del foro, e «poi si vedrà», dicono alla Nasa.