Il materiale vetrificato sulla superficie di un pianeta non è facile da evidenziare da una sonda, ma grazie a un accorgimento messo a punto dai ricercatori della Brown University (Providence, Usa) si è scoperto che su Marte ve ne è in grande quantità. Lo studio è importante perché in questo materiale potrebbero essere conservate traccie di eventuali forme di vita del Pianeta Rosso.
Come il vetro delle finestre. Questo vetro si forma quando una roccia viene portata a temperature tali da fonderla e il suo raffreddamento avviene in modo rapido. Quando accade, gli atomi e le molecole presenti nel magma non riescono a formare strutture cristalline ordinate: si forma invece un blocco di materia con caratteristiche simili al comune vetro, ossia una struttura solida le cui molecole sono disposte in modo disordinato.
In genere le masse vetrose si formano in seguito a eruzioni vulcaniche oppure in seguito all'impatto di un asteroide - un evento, questo, talmente violento da fondere la roccia, il cui magma si raffredda però rapidamente. Ed è possibile che in questo relativamente breve arco di tempo tra fusione e solidificazione eventuali forme di vita possano essere incorporate e poi preservate dalla massa vetrosa - anche per milioni di anni, un po’ come abbiamo visto succedere sulla Terra con l'ambra.
Marte come la Terra? Peter Schultz, della Brown University, ha per esempio già trovato, nel 2014, resti di sostanze organiche e materiali vegetali in campioni di vetro che si formò in seguito all’impatto di un asteroide caduto in Argentina milioni di anni fa. «Se su Marte c’era vita, è possibile che sia successa la stessa cosa», è la considerazione di Shultz.
Il trucco. A identificare le superfici vetrose su Marte sono stati Kevin Cannon e Jack Mustard analizzando l'archivio dati dello spettrometro della sonda della Nasa Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) con un programma elaborato ad hoc.
Quando si studia un’area rocciosa da grandi distanze, utilizzando lo spettro emesso da quelle porzioni di superficie di un pianeta, individuare masse vetrose non è semplice: «Perché lo spettro dei vetri è debole e viene in qualche modo sopraffatto da quello degli stessi minerali che contiene. Perciò risulta quasi invisibile agli strumenti delle sonde», ha spiegato Mustard. I ricercatori hanno però utilizzato uno stratagemma.
In laboratorio hanno creato quella che poteva essere una massa vetrosa su Marte, utilizzando campioni di roccia marziana, e ne hanno studiato lo spettro, che è diventato lo spettro di riferimento grazie al quale è stato possibile identificare segnali spettrografici analoghi nei dati dell'MRO.
«Lo studio ha rivelato che i vetri sono comuni sulla superficie di Marte e questo apre una nuova strada nella nostra ricerca della vita sul Pianeta Rosso», ha sottolineato Jim Green, direttore della divisione di scienze planetarie della Nasa. Uno dei crateri , che contiene una notevole quantità di massa vetrosa, è il cratere Hargraves, vicino alla fossa Nili (in esogeologia, fossa identifica una trincea o un canale), una depressione lunga circa 650 km e che ha tutte le caratteristiche per essere stata un corso d'acqua. Quest’area è tra quelle selezionate per la prossima missione di un nuovo rover della Nasa, probabilmente nel 2020: la combinazione di acqua e masse vetrose, col loro potenziale di tracce biologiche intrappolate, potrebbe fare propendere la scelta proprio su questo luogo rispetto ad altri.