Spazio

Motori interstellari: tra realtà, sogni e fantascienza

Un motore al plasma in fase di test potrebbe portarci su Marte in poche settimane. E poi? Quale tipo di propulsione ci farà andare ancora più lontano? Ecco i progetti di cui si parla.

È evidente che con razzi a energia chimica, come quelli di oggi, non andremo lontani nello Spazio, e neppure nel Sistema Solare. Per arrivare a Marte ci vogliono mesi, per portare uomini fino a una qualche luna di Giove ci vorrebbero anni ed anni di viaggio. Un’esplorazione verso altre stelle non è neppure immaginabile, se non con astronavi generazionali.

Per questo la NASA sta (seriamente) studiando altri carburanti e altre propulsioni, capaci di spingere le nostre "astronavi" a velocità ben più elevate di quelle attuali. Nel 2015 l'Agenzia spaziale americana ha assegnato ben tre diversi contratti a società private per lo studio e lo sviluppo di sistemi di propulsione avanzati.

L'energia che possiamo ottenere dai combustibili chimici non ci permette di esplorare il Sistema Solare in tempi ragionevoli per un equipaggio umano.

1: futuro prossimo, il plasma. Tra gli studi in corso il più intrigante è il propulsore al plasma, che come carburante usa l’argon. Il concetto alla base di questo propulsore è relativamente semplice e la sua "fisica" è ben nota, ma nella pratica le difficoltà non mancano.

In questo motore il plasma, ossia un gas eccitato (le cui molecole sono state private di elettroni), viene spinto all'esterno ad alta velocità attraverso un ugello. Per effetto della reazione al getto in uscita la navicella viene spinta in avanti, esattamente come avviene con un motore a combustibile chimico.

La differenza sta nel fatto che la spinta del plasma ad argon darebbe all’astronave una velocità tale da coprire la distanza Terra-Marte in settimane, anziché in mesi.

Un rivoluzionario motore al plasma è in fase di test: può portarci su Marte in poche settimane. © Astra Company

Il plasma potrebbe essere prodotto in uno di due modi: attraverso l'elettricità, prodotta da pannelli solari, un metodo relativamente semplice che darebbe però al razzo una spinta moderata. Può essere una soluzione per viaggi brevi, per esempio per una navetta di collegamento Terra-Luna. In alternativa si può produrre plasma con un reattore nucleare: si avrebbe così plasma ad altissima energia, che darebbe all’astronave una velocità molto elevata.

I primi passi del plasma sono interessanti: il progetto VASIMR, è attualmente in fase di sviluppo all’Ad Astra Rocket Company (Houston, Usa), che ha beneficiato di un contratto di 9 milioni di dollari per sviluppare, entro il 2018, un prototipo che eroghi almeno 100 kilowatt per 100 ore consecutive. C'è qualche risultato: in un comunicato di poche settimana fa la società ha dichiarato di avere raggiunto e mantenuto la potenza richiesta per ben 10 ore.

Test di laboratorio di un propulsore VASIMIR.

Un notevole passo in avanti: all’inizio del 2017 il motore poteva essere acceso per circa 30 secondi! Franklin Chang-Diaz, fondatore dell’Astra, spiega che il problema di fondo «è l’umidità che si forma nella camera a vuoto dove si sperimenta VASIMR», una questione complessa che pare non avere una soluzione semplice.

2: dopodomani, la fissione nucleare. Se il plasma può farci arrivare a Marte in tempi accettabili, per arrivare più lontano serve altro: per esempio, un propulsore a fissione nucleare, alimentato da elementi radioattivi. Qualcosa, insomma, di molto simile a una "normale" centrale nucleare, ma in miniatura.

C'era una volta il progetto di Carlo Rubbia, il rubbiatron (vedi il multimedia che spiega i suoi punti di forza), che può essere caricato con torio (il progetto originale, il più semplice e "pulito"), o anche con americio e persino con plutonio: questi elementi, bombardati da neutroni - a loro volta prodotti dal bombardamento di protoni (generati da un acceleratore di particelle) su piombo... È meno complicato di quello che sembra e il risultato è che si produce energia che riscalda idrogeno che, espulso dall'ugello, può arrivare a spingere una navicella a 50 km al secondo.

Schema di un rubbiatron per la produzione di energia elettrica: vedi anche come funziona una centrale con un reattore al torio.

Perché il rubbiatron sia rimasto un'idea in un cassetto... in effetti non è chiaro. Dopotutto il sistema (o almeno i suoi singoli componenti) sembra essere alla portata della nostra tecnologia, e pochi chili di materiale radioattivo (in volume non più di un paio di bicchieri) potrebbero bastare a missioni su Marte di un anno con sette-otto mesi di permanenza sul Pianeta Rosso.

3: futuro remoto, la fusione nucleare. Neppure la fissione può portarci molto lontano: per l'inizio di una vera esplorazione dello Spazio servono almeno motori a fusione nucleare, dove a produrre energia sono gli atomi di idrogeno che si fondono insieme, come nelle stelle.

Un progetto (concettuale) della Nasa ipotizza che con questa tecnologia un’astronave potrebbe trasportare un carico utile di 150-200 tonnellate a 400 chilometri al secondo, che vuol dire raggiungere Giove in 3 o 4 mesi. Se non vi torna il conto... è giusto, perché non dovete fare riferimento alla distanza (che non è una linea dritta, tanto per cominciare) e alla velocità - che non è istantaneamente al massimo e che non può essere istantaneamente ridotta a zero: i tempi per accelerare e frenare una simile massa possono essere di settimane.

4: futuro ideale, l'antimateria. Per andare ancorà più in là, nello Spazio e con la fantasia, bisogna pensare ai propulsori ad antimateria, ossia motori dove fare annichilire materia e antimateria, generando energie straordinarie, miliardi di volte quella possibile con gli attuali propulsori chimici.

Tanta accelerazione e tanta velocità: con 100 microgrammi di antimateria (prodotta da un "banale" acceleratore di particelle) si potrebbe arrivare alla Nube di Oort (il nido delle comete, oltre Plutone e i pianeti nani) in.

.. 50 anni. Sì, è deprimente, e pensare che siamo comunque quasi nella fantascienza: nessuna di queste tecnologie può liberarci dalla prigione del Sistema Solare, in modo ragionevole (ossia senza pensare ad astronavi generazionali) e per adesso proprio non abbiamo altro.

5: i piccoli passi. Torniamo con i piedi per Terra (con la "T" maiuscola) e con un atto di fede immaginiamo un domani intergalattico, e per adesso sfruttiamo quello che c'è e quello che si può avere facilmente.

A partire da un altro propulsore in fase di studio, l'EmDrive, il motore impossibile: un progetto che sembra funzionare a dispetto delle leggi della fisica. Si potrebbe cominciare da qui, poi domani si vedrà.

23 agosto 2017 Luigi Bignami
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