I ricercatori hanno puntato i 66 radiotelescopi di ALMA verso la stella supergigante blu Sanduleak -69° 202a (Sk-69 202). Al suo posto, oggi si vedono i resti della supernova che nel 1987, anche se distante 168.000 anni luce (in un'altra galassia), si vide a occhio nudo dalla Terra: l'esplosione più brillante nel cielo dopo la supernova di Keplero del 1604.
L'esplosione della supergigante blu ha rilasciato non solo enormi quantità di fotoni, ma ha anche creato un'immensa onda d'urto. Grazie alle ripetute osservazioni di Hubble possiamo vedere gli effetti dell'onda d'urto, che sconvolge e infiamma l'anello di gas della stella che si è formato centinaia di anni prima dell'esplosione, come ad annunciare l'imminente collasso.
L'anello della SN 1987A viene raggiunto dall'onda d'urto dell'esplosione (vedi anche Effetti speciali dalla supernova SN 1987A). | NASA/ESA Hubble
Lo studio ha permesso di realizzare una mappa 3D che ricostruisce la supernova fino al nucleo della stella esplosa e che ne mappa le regioni in base alle molecole predominanti. Questo sarà estremamente utile per trovare indizi che ci aiutino a comprendere meglio non solo la morte delle stelle, ma anche la nascita di sistemi planetari. I pianeti come la Terra si formano infatti dai resti di supernove: inoltre, solo grazie agli elementi pesanti creati dall'esplosione una nuova stella può cominciare a vivere.
La mappa 3D: in blu l'anello di gas esterno, in viola le zone con monossido di silicio (SiO), in giallo quelle con monossido di carbonio. | ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), R. Indebetouw; NASA/ESA Hubble
Con un secondo studio, i ricercatori hanno individuato nuove molecole: il radicale HCO+ (acido carbonico) e il monossido di zolfo (SO), e mette in discussione l'idea che l'energia liberata da una supernova distrugga tutte le molecole della sua stella. Inoltre, la presenza di HCO+ è particolarmente interessante perché per la sua formazione sono necessari violenti moti di rimescolamento durante l'esplosione.