Spazio

L’odissea di Philae è solo all’inizio

Dopo l'entusiasmo per l'accometaggio di Philae, sono cominciate le preoccupazioni. Nonostante tutto, però, sembra che il lander sia riuscito a trapanare il nucleo cometario prima di entrare in standby a causa della mancanza di energia.

Dopo l’entusiasmo per l’accometaggio di Philae sul nucleo della cometa 67/P Churyumov-Gerasimenko, sono cominciate le preoccupazioni per i responsabili della missione. Ciò che è stato fatto finora è già un grande risultato per l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ma non tutto è andato come previsto. Ecco un riassunto di che cosa è successo con gli ultimi aggiornamenti.

Prima di tutto, purtroppo il lander, invece di ancorarsi al suolo con i suoi due arpioni, ha subito due rimbalzi e si è fermato su un pendio, probabilmente sul bordo di un cratere, che peraltro si trova in ombra, a causa della presenza nelle vicinanze di un enorme roccione, per buona parte del giorno cometario che ha una durata di poco superiore alle 12 ore.

Immagine animata che mostra la posizione del primo contatto di Philae con la superficie del nucleo cometario. La macchia scura è stata prodotta dal sollevamento di polvere al momento del toudchdown. La roccia visibile a destra del cerchio rosso è visibile in dettaglio nell’immagine precedente. © ESA/Rosetta/NAVCAM – CC BY-SA IGO 3.0

Un'accometaggio tormentato. Dopo il primo touchdown, avvenuto esattamente nella zona prevista, Philae si è risollevata dalla superficie per 1 ora e 50 minuti. Durante questo periodo ha viaggiato per circa 1 km sorvolando il nucleo cometario ad una velocità di 38 cm/s. Ha toccato di nuovo la superficie ma ha subito un altro rimbalzo ad una velocità di 3 cm/s, per poi posarsi definitivamente 7 minuti più tardi. La causa di questo tormentato accometaggio è stata la mancata accensione del sistema che avrebbe dovuto sparare i due arpioni posizionati sul ventre del modulo, che avrebbero dovuto ancorarlo alla superficie cometaria. Le cause di questo malfunzionamento sono tutte da accertare.

Immagine della zona del primo contatto di Philae con la superficie del nucleo cometario ripresa dalla telecamera OSIRIS (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System) a bordo dell’orbiter Rosetta. © ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

È apparso subito chiaro, quindi, che le cose non erano andate del tutto bene perché i collegamenti radio, nella prima ora, sono stati discontinui, rivelando i rimbalzi e l’instabilità della sonda.

Batterie esaurite. Uno dei maggiori problemi, è che la posizione assunta dalla sonda non è favorevole a una piena esposizione delle celle fotovoltaiche alla luce del Sole, per cui gli strumenti di bordo hanno utilizzato l’energia fornita delle batterie che sono state progettate per alimentare il lander per circa 55 ore. Se Philae si fosse posata nella posizione prevista, i suoi pannelli solari avrebbero potuto ricevere una radiazione sufficiente a ricaricare le batterie. C'è anche la possibilità che nei prossimi mesi, con l’avvicinamento al Sole della cometa, le condizioni di illuminazione diventino più favorevoli e tali da permettere di nuovo il funzionamento degli strumenti di Philae.

Alle 1:36 del 15 novembre (ora italiana) è stato perso il contatto con il lander, posatosi 60 ore prima sulla superficie del nucleo cometario. La riserva di elettricità si è esaurita, e, poiché l’esposizione al Sole dei pannelli fotovoltaici è soltanto di circa 90 minuti al giorno, per ora la radiazione solare non è sufficiente a garantire l’autonomia energetica della sonda.

Philae è quindi entrata automaticamente in ibernazione. I responsabili della missione sperano però in un risveglio quando la cometa sarà più vicina al Sole. Con un comando da terra si è fatto un tentativo per orientare meglio la sonda ma al momento non si sa se sia riuscito.

Nonostante tutto ci sono buone notizie. Ci sono però anche buone notizie. Il trapano di costruzione italiana ha funzionato, non c’è stato il temuto ribaltamento della sonda, il materiale di scavo potrà probabilmente essere sottoposto all’analisi nel fornetto ad alta temperatura (800 °C) e i dati raccolti prima dell’entrata in standby potranno essere trasmessi quando le celle fotovoltaiche riusciranno a ricaricare la batteria. Inoltre le immagini e i dati già trasmessi sono sufficienti per dire che la missione europea Rosetta-Philae segna un enorme passo avanti nella conoscenza delle comete, e quindi delle origini del Sistema Solare.

15 novembre 2014 Mario Di Martino
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