Errore umano e procedure di sicurezza inadeguate: è il durissimo responso della National Tranportation Safety Boards statunitense sullo schianto della navicella spaziale SpaceShipTwo di Virgin Galactic avvenuto lo scorso 31 ottobre.
Il velivolo era esploso durante un test di volo sopra il deserto del Mojave dopo essersi sganciato dall’aereo vettore che l’aveva portata in quota. Uno dei due piloti, Michaes Alsbury, è morto nell’incidente mentre l’altro, Peter Siebold, è riuscito a salvarsi, pur riportando gravi ferite, lanciandosi con il paracadute da quasi 16.000 metri di altezza.
Troppo piano. Secondo la ricostruzione, proprio Alsbury avrebbe attivato, troppo presto o per errore, il sistema di stabilizzazione che, nella fase di rientro a terra, permette allo SpaceShipTwo di ridurre la velocità e mantenere la traiettoria. Questo sistema dovrebbe essere azionato a una velocità di Mach 1,4 (1,4 volte la velocità del suono, ossia 1.715 km/h), mentre il pilota lo avrebbe inserito a Mach 0,92, causando così la perdita di controllo della navicella.
Secondo gli investigatori Alsbury potrebbe aver compiuto questa manovra per evitare l’annullamento della missione, che avviene automaticamente se il sistema non viene inserito entro Mach 1,8 di velocità. SpaceShipTwo non era inoltre dotata di alcun sistema di sicurezza in grado di impedire l’erroneo inserimento della stabilizzazione.
Non rinuncia. Richard Branson, eclettico patron di Virgin Galactic, non ha comunque rinunciato al suo sogno spaziale. Attualmente l’azienda sta rivedendo completamente il progetto della propria navetta e dei relativi sistemi di sicurezza. «Anche se non dimenticheremo mai la tragica perdita di Michael Alsbury, ora che le indagini sono concluse potremo focalizzarci completamente sulla risoluzione dei problemi e sul raggiungimento del nostro obiettivo», ha commentato Branson. Obiettivo che resta quello di offrire un veicolo per il turismo spaziale.