Decifrare ciò che accadde ai primordi dell'Universo è estremamente complesso. Sappiamo ben poco di come sono andate le cose subito dopo il Big Bang: dopo la grande esplosione, l'Universo bambino era permeato da particelle subatomiche a formare quella che molti chiamano la densa zuppa cosmica, e i fotoni, ossia i pacchetti di energia che formano la luce, venivano assorbiti e riemessi in continuazione da quelle particelle. L'Universo era assolutamente opaco, ed è per noi impenetrabile. Con la sua espansione la densità iniziò a diminuire e circa 380.000 anni dopo il Big Bang i primi protoni e i primi elettroni si unirono tra loro a formare atomi, in particolare idrogeno.
Quel periodo viene oggi chiamato epoca della ricombinazione. In quello stadio i fotoni generarono la radiazione cosmica di fondo e, progressivamente, gli atomi di idrogeno si aggregarono tra loro per dare vita alle prime stelle.


Erano astri dalla vita media molto breve, azzurri, ed emettevano una potente radiazione ultravioletta che strappava elettroni all'idrogeno: in questo periodo, chiamato epoca della reionizzazione, lo Spazio era comunque visibile - come oggi, ma naturalmente senza le stelle di oggi.
Da questa estrema e semplificata sintesi, che non fornisce un quadro completo di tutto quello che non sappiamo, emerge comunque una domanda sulle tante possibili: quando si sono formate le prime stelle? Pur non avendo una risposta certa, l'ipotesi più condivisa le ha finora collocate tra i 150 milioni e il miliardo di anni dopo il Big Bang.

Vedere nel lontano passato. Adesso un nuovo studio sembra avere ridotto di molto questo ampio e impreciso lasso di tempo. Alan Rogers (Mit Haystack Observatory, Usa) e Judd Bowman (Arizona State University), con l'esperimento EDGES (Experiment to Detect Global EoR Signature), condotto nell'arco di dieci anni, sono riusciti a determinare che le stelle esistevano 180 milioni di anni dopo il Big Bang.
L'esperimento ha fatto uso di una speciale antenna, in Australia, per "rilevare la firma dell'idrogeno" (Detect EoR Signature, dove EoR sta per Epoch of Reionization), ossia l'impronta lasciata dagli astri in quel lontano periodo. I ricercatori hanno individuato nella radiazione cosmica di fondo una piccola variazione di segnale nella frequenza di 78 megahertz: questa sarebbe la distorsione prodotta dall'idrogeno ionizzato dalla luce ultravioletta emessa dalle prime stelle. Si può dire che i ricercatori hanno visto l'azione delle emissioni delle stelle primordiali sulla radiazione di fondo.


Breaking news sulla materia oscura! Oltre ad avere identificato una sorta di data di nascita delle stelle, la ricerca ha rivelato una seconda sorpresa: secondo Bowman, nei dati sarebbe rilevabile anche l'impronta della materia oscura, quella di cui non sappiamo nulla tranne che (forse) ha un impatto gravitazionale significativo sulla materia ordinaria (quello di cui è fatto tutto ciò che vediamo e tocchiamo).
A tutt'oggi, le ipotesi sulla sua esistenza e sulla sua non-esistenza si rincorrono come in una giostra.


La nuova ipotesi parte dal fatto che la temperatura dell'Universo, stando ai dati raccolti con la ricerca, doveva essere 2 volte più fredda rispetto a quanto si è ipotizzato finora, perciò di circa -270 gradi centigradi. Bowman ritiene che l'unico modo per spiegare la temperatura estremamente bassa è l'interazione dell'idrogeno, in particolare le collisioni tra atomi di idrogeno e materia oscura, che facevano perdere energia all'idrogeno - e di conseguenza perdere temperatura all'Universo.
Se si riuscirà a confermare questo scenario avremo la prima, importante testimonianza che la materia oscura esiste ed esisteva fin dagli albori dell'Universo, e che ha avuto un ruolo fondamentale nella sua evoluzione.