Spazio

​Le prugne proteggeranno le ossa degli astronauti in viaggio su Marte

Secondo un esperimento della NASA questi frutti avrebbero effetti benefici nel contrastare la perdita di massa ossea causata dalle radiazioni spaziali. Ma i risultati su larga scala sono ancora da verificare.

Per le prossime missioni nello spazio, gli astronauti potrebbero avere bisogno di fare scorta di prugne secche (e non per combattere la stitichezza). L'ha ipotizzato un esperimento del NASA Ames Research Center e di alcune università americane che, seppure condotto su piccola scala, ha evidenziato i benefici di questo frutto contro gli effetti negativi prodotti dalle radiazioni spaziali sulle ossa.

Radiazioni dannose. Il problema delle radiazioni spaziali riguarda, più che l'equipaggio della ISS, gli astronauti che si imbarcheranno nelle future missioni verso Marte e altri luoghi dello spazio non più protetti dalla magnetosfera terrestre. Infatti, avventurarsi oltre questo strato protettivo che riesce a filtrare le particelle solari cariche e i raggi cosmici galattici (ovvero il flusso di protoni e ioni proveniente dall'esterno del sistema solare), significa esporsi a rischi più gravi per la salute, in particolare per le ossa.

Più prugne, più ossa. Durante l'esperimento sono stati somministrati a gruppi di dieci topi quattro trattamenti diversi – acido diidrolipoico, una soluzione di cinque antiossidanti, ibuprofene, prugne - utili a prevenire la perdita del tessuto osseo causata dalle radiazioni ionizzanti. Dopo aver esposto i roditori a raggi gamma (simili alle radiazioni spaziali) per ventuno giorni, è emerso che i topi che avevano mangiato le prugne non hanno subito alcuna perdita di massa ossea, contrariamente a tutti gli altri esemplari coinvolti, che hanno visto una diminuzione del 32%.

Tuttavia, è ancora presto per affermare con sicurezza che le prugne saranno sufficienti a proteggere anche gli astronauti nelle missioni spaziali. Gli scienziati dovranno realizzare l'esperimento su un campione più vasto e su tipi di ossa più compatte rispetto a quelle dei topi.

15 febbraio 2016 Silvia Malnati
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