Per cercare di determinare la massa dell’Universo vengono usati due metodi: uno per misurare la materia cosiddetta “normale”, ed un altro per stimare la quantità di materia oscura, che non emettendo alcuna radiazione rilevabile tende a rimanere nascosta. Un recente studio ha effettuato queste misure a distanze mai raggiunte in precedenza, avendo come obiettivo piccoli raggruppamenti di galassie. I risultati mostrano che gli ammassi di galassie più remoti osservati mostrano grosso modo lo stesso rapporto tra materia oscura e materia visibile riscontrato negli ammassi più vicini.
La materia oscura, non essendo in alcun modo visibile, denuncia la sua presenza con gli effetti gravitazionali che induce sulla materia visibile circostante. Uno di questi è il fenomeno cosiddetto di “lente gravitazionale”, previsto dalla teoria generale della relatività e conseguenza del fatto che la materia incurva lo spazio-tempo che la circonda, deformandolo. La luce si propaga nello spazio-tempo, per cui se questo è incurvato anche la sua traiettoria viene deviata da quella rettilinea. Quando un corpo di grande massa viene a trovarsi fra una sorgente di luce lontana e l'osservatore, i raggi di luce provenienti dalla sorgente vengono deviati in modo tale da provocare un'amplificazione del segnale luminoso, simile a quella causata da una lente, oppure da deformare l'oggetto originale, giungendo a volte a generare immagini multiple o archi luminosi (i cosiddetti “archi di Einstein”).
Immagine dell’ammasso di galassie Abell 2218, distante da noi circa 3 miliardi di anni luce, in cui sono chiaramente visibili gli ‘archi di Einstein’ prodotti dal fenomeno di ‘lente gravitazionale’. Grazie a questo fenomeno, è possibile stimare la massa totale dell’ammasso.
Un attento esame degli effetti di questo fenomeno consente di determinare la massa totale dell’oggetto che fa da lente (ad esempio un ammasso di galassie), permettendo così di stabilire il rapporto tra la massa della materia oscura e quella visibile. La massa della materia visibile viene stimata sulla base del tipo di galassie che fanno parte dell’ammasso e sull’intensità dell’emissione di raggi X da questo proveniente. Il rapporto della massa totale con quella visibile fornisce la cosiddetta “relazione massa-luminosità” che finora era stata misurata soltanto per ammassi galattici relativamente vicini.
Questo lavoro è stato reso possibile grazie ai dati raccolti dal satellite dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) XMM-Newton, dall’osservatorio orbitante, anch’esso per raggi X, della NASA Chandra e dal Telescopio Spaziale Hubble.
Il fatto che la relazione massa-luminosità sia la stessa per ammassi vicini e lontani potrebbe aiutare a svelare il mistero dell’ “energia oscura”, la forza misteriosa che provoca l’espansione accelerata dell’Universo.
L’energia oscura fondamentalmente agisce contro la forza di gravità. Mentre quest’ultima costantemente tende a far aggregare e condensare la materia, l’energia oscura tende invece a separarla, provocando l’allontanamento reciproco a velocità crescenti di tutti i componenti dell’Universo. Quando la materia si aggrega dando origine alle galassie, significa che a queste scale a vincere è la gravità, permettendo la formazione di stelle e di strutture molto più grandi come appunto le galassie. Così, più si può misurare dove e come queste strutture si sono formate nell’Universo, meglio si può comprendere fino a che distanza giunge l’azione dell’energia oscura.