Spazio

Usare i laser per segnalare la nostra posizione agli alieni: uno studio di fattibilità

Non è detto che sia una buona idea, ma in via del tutto teorica potrebbe funzionare: con le attuali tecnologie potremmo creare una radiazione infrarossa abbastanza potente da risultare visibile da Proxima Centauri.

Se da qualche parte nella Via Lattea esistesse una civiltà abbastanza evoluta da scrutare in direzione del Sole in cerca di forme di vita, potremmo sfruttare la tecnologia laser attualmente a disposizione sulla Terra per creare una sorta di torcia interstellare, una lampada da veranda che segnali la nostra presenza nello Spazio.

In base a uno "studio di fattibilità", pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal, focalizzando un laser di 1-2 megawatt di potenza su un telescopio da 30 a 45 metri di diametro puntato verso la volta celeste, otterremmo un fascio di luce infrarossa abbastanza intenso da distinguersi dalla radiazione solare, riconoscibile da chi si prendesse la briga di analizzare lo spettro luminoso della nostra stella.

C'è nessuno? Questo segnale potrebbe essere captato senza troppa difficoltà da eventuali "astrofisici" alieni abitanti su sistemi planetari vicini, per esempio attorno a Proxima Centauri, la stella più vicina alla Terra, o nel sistema stellare di TRAPPIST-1, un astro a circa 40 anni luce attorno a cui orbitano 7 esopianeti, almeno 3 dei quali potenzialmente abitabili. Se poi il segnale fosse in effetti notato, lo stesso laser potrebbe servire per inviare brevi messaggi in impulsi luminosi, in una sorta di codice Morse agli infrarossi.

Volendo, si può fare... L'idea di indicare la nostra posizione a eventuali altre civiltà di cui non si conoscono esistenza e intenzioni può non essere universalmente considerata geniale, ma James Clark, ricercatore del Dipartimento di Aeronautica e Astronautica del MIT e autore dello studio, voleva solo dimostrare che, con le attuali tecnologie, non è un progetto impossibile.

Utilizzando un mega telescopio per focalizzare ulteriormente l'intensità del laser, si otterrebbe un segnale almeno 10 volte più intenso rispetto alla naturale variabilità del Sole nelle emissioni infrarosse. Per esempio con un laser da 2 megawatt puntato verso un telescopio da 30 metri, produrremmo un segnale facilmente distinguibile da Proxima Centauri b, un esopianeta a 4 anni luce di distanza. Con un laser da 1 megawatt e un telescopio da 45 metri, potremmo dire: "Siamo qui!" a un abitante di TRAPPIST-1. Converrebbe sistemare questo dispositivo sul lato nascosto della Luna, per evitare che un laser così potente possa recare problemi a velivoli e basi spaziali orbitanti.

C'è una tecnica migliore (che già utilizziamo). Ma se qualcuno facesse altrettanto nella nostra direzione, con gli strumenti che abbiamo, ce ne accorgeremmo? Secondo Clark basterebbe un telescopio di 1 metro per distinguere un simile segnale; il problema è che dovrebbe essere puntato nell'esatta direzione del laser inviato. Conviene quindi sviluppare tecnologie agli infrarossi sempre più potenti, non tanto per decifrare segnali laser alieni, quanto per analizzare gli involucri gassosi attorno agli esopianeti che studiamo, un metodo scientificamente più efficace per capire se lì vi siano condizioni adatte alla vita.

8 novembre 2018 Elisabetta Intini
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