Spazio

La Via Lattea e Andromeda sono davvero sorelle

Uno studio condotto con immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble mostra che la nostra Galassia e Andromeda sono molto più simili di quanto finora creduto
 

La galassia di Andromeda (M 31), è una galassia a spirale ed è quella di maggiori dimensioni più vicina alla nostra Galassia. È visibile anche ad occhio nudo e si tratta dell'oggetto più lontano visibile senza l'ausilio di strumenti di osservazione. M 31 è la più grande del Gruppo Locale, un insieme di galassie formato da più di una settantina di galassie e i cui maggiori componenti sono, Andromeda, la Via Lattea e la Galassia del Triangolo. Ognuna di queste ultime forma un sottogruppo costituito da un sistema di galassie "satelliti".

Due galassie davvero uguali. Adesso, i risultati di un recente studio mostrano che Andromeda e la Via Lattea sono molto più simili di quanto si fosse finora creduto. A seguito dell’analisi di oltre 2.700 giovani ammassi stellari (ammassi aperti) all'interno del nostro vicino galattico, osservati dal telescopio spaziale Hubble, le due galassie contengono percentuali simili di stelle, in termini di massa.

Conoscere la percentuale di stelle di una certa massa all'interno di un ammasso, ovvero la distribuzione relativa iniziale fra stelle di grande e piccola massa, un parametro conosciuto come “funzione di massa iniziale”, o IMF dall’inglese Initial Mass Function, permette di interpretare con maggior precisione la luce emessa da una galassia e comprendere più a fondo la sua evoluzione. La IMF è una funzione empirica che descrive la distribuzione delle masse di una popolazione di stelle di recente generazione in base alla loro teorica massa iniziale al momento della formazione e si esprime in numero di stelle di massa M per parsec cubo (1 parsec, contrazione di parallasse di 1 secondo d’arco, corrisponde a 3,26 anni luce).

In alto, immagine parziale della galassia di Andromeda. In basso a sinistra, una porzione del disco con indicati alcuni degli ammassi stellari giovani osservati dal telescopio spaziale Hubble, visibili nei sei riquadri in basso a destra. © NASA, ESA, J. Dalcanton, B.F. Williams, L.C. Johnson, PHAT, R. Gendler

Al lavoro anche gli astrofili. La ricerca, eseguita mediante la complessa analisi di più di 400 immagini della galassia di Andromeda riprese da Hubble, è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra gli astronomi e astrofili (nel caso di questa ricerca, oltre 30.000) che si sono messi a disposizione dei professionisti per assisterli nell'analisi della grande mole di dati, che altrimenti non sarebbe stata possibile.

La ricerca è stata condotta nell'ambito del programma PHAT (Panchromatic Hubble Andromeda Treasury), mirato a studiare in dettaglio la galassia di Andromeda. Nel corso di questa campagna, Hubble ha ripreso quasi 8.000 immagini di circa 117 milioni di stelle all'interno del disco galattico di Andromeda a varie lunghezze d'onda, per la precisione nelle porzioni dell’ultravioletto vicino, del visibile e dell’infrarosso vicino dello spettro elettromagnetico.

Dalle stelle nane alle supergiganti. Le stelle si formano a seguito del collasso gravitazionale di nubi di gas e polveri all’interno di vaste nebulose che dà origine alla formazione di nuovi astri.

Le stelle non sono tutte uguali: le loro masse variano da circa un dodicesimo sino a centinaia di volte quella del Sole.

Quelle eseguite da Hubble sono le primissime misurazioni della funzione di massa iniziale eseguite su popolazioni stellari esterne alla Via Lattea. Gli ammassi stellari studiati si trovano a circa 2,5 milioni di anni luce da noi, situati lungo tutto il disco della galassia di Andromeda. Le loro masse variano entro un ordine di grandezza, mentre le loro età sono comprese tra 4 e 24 milioni di anni.

Meno stelle massicce. Per ognuno di essi è stata calcolata la IMF e, sorprendentemente, i dati che riguardano Andromeda sembrano combaciare con quelli rilevati nella Via Lattea. Un altro risultato interessante è che le stelle più luminose e massicce osservate da Hubble in questi ammassi sono circa il 25% meno comuni di quanto previsto da studi precedenti. Ciò suggerisce quindi che le stelle meno massicce e meno luminose siano più abbondanti di quanto previsto, analogamente a quanto osservato nella nostra Galassia.

12 settembre 2015
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