Spazio

La struttura del pianeta Mercurio: nuove ipotesi

Un nuovo studio sui dati della sonda MESSENGER conferma che Mercurio ha un nucleo interno solido, come la Terra, ma rivela anche che è molto grande rispetto al pianeta: grande quasi quanto quello della Terra.

Da un nuovo studio dei dati raccolti tra il 2011 e il 2015 dalla sonda MESSENGER arriva la conferma che Mercurio ha un nucleo interno solido. Lo studio è stato condotto rielaborando i dati all'interno di un nuovo e complesso modello geofisico: grazie a questa ricerca della NASA, oggi conosciamo meglio il piccolo pianeta, che risulta essere più simile alla Terra di quanto si pensasse (e, a sorpresa, qualche volta anche il pianeta più vicino).

Illustrazione: la sonda Messenger e, sullo sfondo, Mercurio. Nelle fasi finali della missione la sonda è arrivata a sfiorare il pianeta lungo orbite basse, a soli 100 km dalla superficie. Vedi anche: 5 cose su Mercurio scoperte dalla sonda Messenger.

Scavare in profondità. Dall'inserimento della sonda in orbita ermeocentrica (ossia in orbita attorno a Mercurio), nel 2011, il piccolo pianeta ha cominciato a rivelare una complessità geologica inaspettata e stranezze nel debole campo magnetico.

La MESSENGER è stata condotta a fine missione facendola precipitare su Mercurio, nel 2015, ma i dati raccolti continuano a essere una ricca miniera di informazioni. Il ricercatore italiano Antonio Genova ha coordinato un team di planetologi della NASA per analizzare con nuovi metodi alcuni set di informazioni.

La struttura geofisica di Mercurio
Uno spaccato di Mercurio, il cui diametro è di 4.880 km (contro i 12.000 km circa della Terra): lo studio coordinato da Antonio Genova mette in evidenza il rapporto tra la dimensione del pianeta e quelle del nucleo interno solido (solid inner core) e del nucleo esterno liquido (outer molten core) per spiegare la bassa intensità del campo magnetico del pianeta. Per approfondire: il paradosso del nucleo della Terra. © Antonio Genova

«Uno degli aspetti più interessanti di Mercurio è il rapporto tra la densità (5.500 kg/m3) e il raggio (2.440 km)», ha dichiarato Genova: «in genere i pianeti rocciosi hanno proprietà lineari tra raggio e densità. Mercurio, invece, ha una densità molto più elevata rispetto al suo raggio: una caratteristica dovuta al fatto che il suo nucleo è probabilmente molto grande, forse l’85 per cento del pianeta, e parte di esso ha subito un processo di solidificazione più accelerato.»

Cuore di pietra. Lo studio coordinato da Genova suggerisce che il nucleo solido di Mercurio ha un raggio di circa 1.000 km, ovvero più di 1/3 del raggio del pianeta (2.440 km), a cui si aggiunge un più modesto nucleo esterno liquido: secondo il ricercatore, la "taglia ridotta" della regione esterna liquida del nucleo è la causa del campo magnetico così debole.

Il lavoro si basa sul modello geofisico (condiviso) per cui il nucleo liquido di un pianeta agisce da gigantesca dinamo, attivata dai moti del mantello: «la Terra», aggiunge Genova, «ha un nucleo fluido più grande, e il campo magnetico è più intenso», di circa un centinaio di volte.

Mercurio e la Terra: due pianeti tanto diversi hanno nuclei interni quasi della stessa dimensione. Lo studio che ha portato a questa ipotesi sulla struttura interna di Mercurio è stata condotta sui dati della MESSENGER, acronimo di MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging, missione della Nasa conclusa nel 2015.

In fondo siamo simili. Per quanto sia sproporzionato rispetto alle dimensioni del pianeta, il nucleo solido di Mercurio ha dimensioni assolute simili a quello della Terra (circa 1.220 km). Da questo punto di vista Mercurio sembra «il fratello minore della Terra», commenta Genova, «e in quanto tale potrebbe darci informazioni preziose sull’evoluzione del nucleo del nostro pianeta e del suo campo magnetico».

«Ad esempio,» continua il ricercatore, «conoscere il motivo per il quale il campo magnetico di Mercurio è diventato così debole e si sia evoluto in questo modo potrebbe fornirci degli indizi per predire come il campo magnetico terrestre possa evolvere nel futuro.

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Giochi orbitali. Molto interessante è anche il modo in cui questi risultati sono stati elaborati dai dati della MESSENGER: Genova e il suo team hanno analizzato le leggere variazioni delle orbite della sonda e le hanno messe in relazione alla regione del pianeta che stava sorvolando. Sappiamo, dalle leggi della meccanica celeste, che un cambiamento della velocità orbitale corrisponde a un cambiamento nella massa del suolo sottostante, e quindi della sua densità e composizione.

BepiColombo ESA Mercurio JAXA Lancio 20 ottobre
La sonda BepiColombo è partita nell'ottobre 2018. Il primo passaggio vicino a Mercurio sarà nell'ottobre del 2021. © ESA

«Per descrivere la struttura interna di Mercurio», sottolinea il planetologo Erwan Mazarico, «abbiamo dovuto raccogliere informazioni da molti campi: geodesia, geochimica, meccanica orbitale e gravità»: è dunque uno studio multidisciplinare che verrà probabilmente preso a modello quando arriveranno, a partire dall'ottobre del 2021, i primi dati da BepiColombo: la complessa missione europea (col nome di un astronomo italiano) che si sta dirigendo verso Mercurio.

28 aprile 2019 Davide Lizzani
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