Proprio quando il mondo intero lo dava ormai per spacciato, il telescopio Kepler ha ripreso a funzionare. Il cacciatore di esopianeti si è rimesso in pista, con nuovi obiettivi commisurati alle sue attuali "condizioni fisiche", e con un nuovo alleato che supplisca ai guasti tecnici che l'hanno colpito: la luce solare.
Nuovi target. Nella missione denominata K2 (K come Kepler, 2 come la seconda chance offerta all'osservatorio orbitante), iniziata a giugno 2014, il telescopio sarà puntato verso ammassi stellari ben conosciuti, come quello delle Pleiadi, verso il centro della Via Lattea o in direzione dei pianeti giganti esterni del Sistema Solare, come Nettuno e Urano.
Cambio di rotta. Era maggio 2013 quando un guasto compromise il funzionamento anche della seconda delle quattro ruote di reazione del telescopio, che mantenevano Kepler stabile come un giroscopio durante le sue osservazioni. Con due ruote su quattro fuori uso, il destino di Kepler sembrava segnato. Poi, il colpo di genio nei quartier generali del controllo di missione della Nasa, in Colorado. Perché non mantenerlo stabile sfruttando una risorsa presente in abbondanza nello Spazio, e cioè la luce solare?


Osservazioni più brevi. Il flusso di fotoni proveniente dal Sole esercita infatti una pressione che può essere sfruttata per mantenere in posizione il telescopio, insieme alle due ruote di reazione rimaste.
Questo approccio richiede che il lato lungo di Kepler si mantenga sempre rivolto verso il Sole, mentre il telescopio gli orbita intorno. E che i target della sua osservazione cambino ogni 80 giorni circa, dando all'osservatorio il tempo di riposizionarsi correttamente.
Gli attuali obiettivi. I primi dati di missione arrivati sembrano promettenti. Questo mese il telescopio si sta concentrando sugli ammassi di gas che circondano le stelle in formazione nelle costellazioni dello Scorpione e di Ofiuco. A Febbraio si rivolgerà alle Pleiadi e alle Iadi, ammassi aperti che offronto agli astronomi una panoramica sulle prime fasi di formazione di un sistema planetario.
Quindi sarà la volta di indagare la struttura interna di Nettuno e Urano, visto che proprio Kepler, nella sua vita precedente, ha scoperto che la maggior parte degli esopianeti della Galassia sono giganti ghiacciati delle dimensioni di Nettuno.
Le sfide più affascinanti. Altri potenziali target saranno le nane brune e le nane bianche della Galassia, con potenziali pianeti orbitanti intorno ad esse, che saranno osservati meglio dal suo successore, il James Webb Space Telescope della Nasa, il cui lancio è fissato per il 2018; e i cosiddetti pianeti solitari, corpi celesti liberamente fluttuanti nella Via Lattea senza una stella di riferimento.
La timeline delle osservazioni è fissata fino ad Aprile 2016; fino ad allora, più che le condizioni tecniche, saranno i finanziamenti stanziati per le missioni e le analisi dei dati, a determinare il buon esito di K2.