La pesca con la rete risale a oltre 10 mila anni fa (la rete più antica mai ritrovata è dell'8300 a.C.): una tecnologia antica... Che potrebbe aiutarci a ripulire lo spazio attorno alla Terra. Un gruppo di scienziati dell'Esa ha impiegato questo antico metodo per testare la possibilità di recuperare i relitti dei satelliti fuori controllo.
L'ESPERIMENTO E IL VIDEO. Per studiare il comportamento delle reti in assenza di gravità, gli scienziati hanno condotto un esperimento a bordo di un aereo Falcon 20 in volo parabolico, spinto varie volte a cadere nel vuoto per 20 secondi di fila, in modo da simulare l'assenza di gravità.
All'interno del Falcon sono state sparate da un eiettore di aria compressa delle reti a varie velocità e secondo varie parabole, dirette verso un modello in scala ridotta di un satellite.
L'Esa ha girato un video con 4 fotocamere hd ad alta velocità per riprendere nel dettaglio il comportamento delle reti, utile poi per capire come disegnare le reti reali da utilizzare nelle missioni. Nel video (lo trovate sotto, in inglese) si nota come le reti si avvolgono attorno a un'estremità del modellino, grazie a dei pesi attaccati ad ogni angolo.
UN PASSO AVANTI. Secondo l'ingegnere dell'Esa Kjetil Wormnes, «La buona notizia è che le reti lavorano decisamente bene. Il grande vantaggio è che possono adattarsi a una grande varietà di oggetti da recuperare, di forme e ritmi di rotazione diversi». L'esperimento dell'Esa è importante perché catturare un satellite fuori controllo è una questione delicata, un problema che oggi le agenzie spaziali si pongono ma che non hanno ancora risolto.
La rete da pesca potrebbe affiancare altre soluzioni in fase di studio nell'ambito del progetto Clean Space dell'Esa, che includono un braccio robotico, un arpione e un fascio di ioni. Alcune di queste tecnologie potrebbero venire utilizzate nella missione e.Deorbit in programma per il 2021, che ha proprio lo scopo di mettere alla prova i metodi per ripulire lo spazio dai relitti di razzi e satelliti.