Nel marzo del 2018 venne annunciata la scoperta di una galassia, NGC 1052-DF2, definita trasparente, da tanto è rarefatta. Sembrava anche priva di materia oscura, e per questo se ne era parlato come di una scoperta eccezionale, perché la maggior parte degli astrofisici sostiene che le galassie contengono più materia oscura che materia ordinaria, e perché sarebbe proprio l'effetto gravitazionale della materia oscura a garantire l'integrità fisica della periferia di galassie come la nostra in "palese violazione" della terza legge di Keplero (ma su questo sono state avanzate anche ipotesi alternative).
La materia oscura è effettivamente un enigma: è un "qualcosa" che si manifesterebbe esclusivamente attraverso i suoi effetti gravitazionali (e in questo si comporterebbe come la materia ordinaria), ma non è "visibile" ai nostri strumenti e non ne conosciamo la composizione (da qui il nome di oscura). Una delle ipotesi più accreditate vuole che fu la materia oscura (che gli scienziati stimano essere cinque volte più abbondante di quella visibile) a causare il collasso dei gas che portarono alla formazione delle stelle nelle galassie. Senza entrare nei meandri più tecnici della discussione, è facile intuire che l'irrispettosa assenza di materia oscura in NGC 1052-DF2 scombussolava più di una teoria scientifica.
Conticini sbagliati. Uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, condotto da un gruppo di astronomi dell'Istituto di astrofisica delle Canarie, sostiene di avere la soluzione del mistero, che sarebbe meno strana di quel che si pensava.
I ricercatori, rivedendo i parametri utilizzati per calcolare la distanza di NGC1052-DF2 da noi, hanno rilevato delle anomalie: utilizzando diversi metodi di misura sono infine giunti alla conclusione che la sua distanza è in realtà molto inferiore a quanto precedentemente stimato. Nello studio del 2018 si sosteneva che NGC1052-DF2 si trova a 64 milioni di anni luce dalla Terra, mentre i nuovi calcoli indicano 42 milioni di anni luce: una differenza di 22 milioni di anni luce.
Per una serie di complesse interazioni, il nuovo dato implica che le caratteristiche della galassia rientrano nella "normalità" e che è perciò necessario reintrodurre anche lì la materia oscura. In estrema sintesi: la correzione della distanza implica che la massa totale di NGC1052-DF2 è circa la metà di quella precedentemente stimata, ma la massa delle stelle visibili equivale solamente a un quarto della massa totale, e questo richiede, necessariamente, che la massa mancante debba essere materia oscura.
L'importanza delle misure. Lo studio dimostra quanto sia importante il calcolo delle distanze su scala cosmologica, e come ancora oggi questa misura sia complessa e difficile da determinare.
Non c'è un unico metodo. Un sistema si basa sulle stelle cefeidi, astri che variano di luminosità a intervalli ben precisi. Sono stelle particolari perché mostrano caratteristiche identiche ovunque si trovino e vengono perciò considerate alla stregua di "candele" capaci di rivelare la distanza delle galassia in cui si trovano: più sono lontane e meno sono luminose. Questo sistema funziona bene per galassie distanti milioni di anni luce.
Un altro metodo è quello del redshift, che offre valori attendibili per oggetti a miliardi di anni luce da noi. L'astronomo Edwin Hubble (1889-1953) scoprì che c'è una relazione tra la velocità di allontanamento di una galassia (misurabile dallo spostamento verso il rosso delle righe dello spettro) e la sua distanza. Osservando lo spettro di una galassia è perciò possibile dedurre la sua distanza. Il valore esatto del coefficiente che lega velocità e distanza, la costante di Hubble, non è ancora determinato con precisione, e sono molti i gruppi di ricerca che stanno lavorando prorpio su questo.