La sonda americana Phonenix ha raggiunto la superficie di Marte e dopo pochi minuti ha inviato sulla Terra le prime, spettacolari immagini. Nei prossimi tre mesi preleverà campioni di ghiaccio dal sottosuolo pianeta e li analizzerà per verificare se ci sono (o ci sono state) le condizioni necessarie alla vita. (Alessandro Bolla, 26 maggio 2008)
Alle 19:53 del 25 maggio uno scroscio di applausi e di grida di gioia ha interrotto, per la prima volta dopo quasi 10 mesi, la concentrazione dei tecnici e degli scienziati del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena (il Jpl): la sonda Mars Phoenix, dopo un viaggio di oltre 680 milioni di chilometri, ha finalmente raggiunto la superficie di Marte. L'evento è stato confermato da un segnale radio, che una volta giunto sui monitor del controllo missione ha fatto esplodere la felicità dei ricercatori della Nasa (oltre a qualche buona bottiglia).
Dalla Florida con furore. Mars Phoenix è partita da Cape Canaveral, in Florida, alla volta del pianeta rosso il 4 agosto del 2007 a bordo di un razzo Delta II. Obiettivo della spedizione è quello di prelevare dalla crosta ghiacciata di Marte dei campioni di acqua e analizzarli per scoprire se contengono tracce organiche che possano indicare la presenza, anche nel passato, delle condizioni "giuste" per la vita.
UN BUCO NEL GHIACCIO
La parte operativa della missione inzierà nei prossimi giorni e durerà circa tre mesi. La sonda perforerà la crosta del pianeta e preleverà dei campioni di ghiaccio che verranno fatti sciogliere nei piccoli forni del laboratorio di bordo. L'acqua e il suo contenuto verranno poi analizzati e i risultati saranno trasmessi ai ricercatori californiani. La zona di atterraggio è stata identificata grazie alle analisi condotte dalle varie sonde che hanno orbitato attorno a Marte. La zona scelta è stata studiata con grande attenzione e ci sono prove dell'esistenza di ghiaccio a circa 10 cm di profondità dalla superficie.
Atterraggio da manuale. Fino ad ora la parte più critica della missione è stata proprio l'atterraggio. Scendere sulla superfcie di Marte è infatti un'impresa assai rischiosa: dal 1960, quando i russi inviarono sul pianeta la prima sonda, fino a oggi, circa il 50% dei tentativi di discesa sul suolo del pianeta rosso si è concluso in modo rovinoso. L'atterraggio di Phoenix è stato invece perfetto: la sonda è entrata nell'atmosfera di Marte a una velocità di circa 21.000 chilometri orari. Un paracadute ha poi frenato la fase finale della corsa mentre dei propulsori hanno guidato gli ultimi metri di discesa permettendo alla sonda di toccare il suolo con le sue tre lunghe gambe.
Verso il successo. La sonda è stata battezzata Phoenix, ossia Fenice, perché, proprio come l'uccello mitologico, nasce dalle ceneri di altre due missioni marziane fallite: Climate Orbiter, precipitata sul pianeta rosso nel 1999 in seguito a un errore di programmazione del sistema di navigazione (i tecnici avevano confuso i chilometri con le miglia...) e Mars Polar Lander, caduto nei pressi del polo sud marziano e mai più ritrovato (leggi la notizia).