Altair, la più luminosa delle stelle della costellazione dell’Aquila, è anche una delle più brillanti del cielo boreale. Dista da noi poco meno di 17 anni luce e, grazie ad una serie di osservazioni interferometriche (una tecnica che, attraverso le interferenze delle onde elettromagnetiche, permette di ottenere elevati poteri risolutivi), è stato possibile ottenere delle immagini della sua superficie. La loro analisi mostra una stella la cui rapida rotazione ha reso la sua forma uno sferoide molto schiacciato, con il diametro equatoriale circa il 20 per cento superiore a quello polare.
Altair ha una massa pari a 1,7 volte quella del Sole e all’equatore il suo periodo di rotazione è di sole 6,5 ore, corrispondente ad una velocità di 300 km/s, un valore elevatissimo se paragonato ai 25 giorni della nostra stella.
E’ la prima volta in cui è stato possibile ottenere l’immagine di una stella “normale”, che sta ancora attraversando la fase di bruciamento dell’idrogeno nel suo nucleo (fase di “sequenza principale”). Con la tecnica interferometrica, infatti, fino ad ora erano state “fotografate” soltanto stelle giganti e supergiganti con diametri decine o centinaia di volte superiori a quello di Altair. Queste osservazioni hanno permesso anche di stabilire che la temperatura, e quindi la luminosità, della stella all’equatore è più bassa rispetto ai poli.
La superficie equatoriale, infatti, a causa del forte schiacciamento è più distante dal nucleo, dove le reazioni di fusione termonucleare dell’idrogeno producono energia. La maggiore quantità di materia frapposta fa sì quindi che la superficie equatoriale sia più fredda e perciò più scura (il cosiddetto “oscuramente gravitazionale”) rispetto alle regioni polari. Ma l’oscuramento equatoriale di Altair risulta essere maggiore di quanto previsto dai modelli, ragion per cui sarà necessario rivederli.
Qui sotto, l'immagine di Altair ottenuta con misure interferometriche effettuate con 4 telescopi da 1 metro di apertura del Center for High Angular Resolution Astronomy (CHARA) dislocati presso l’Osservatorio di Mount Wilson (California).