Un team di planetologi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è riuscito a determinare lo spessore della crosta ghiacciata che avvolge Ganimede, uno dei 79 satelliti naturali di Giove, il più grande tra i satelliti del Sistema Solare con 5.262 chilometri di diametro - il diametro della Luna è di 3.474 km. Lo spessore della crosta varia, a seconda delle regioni, da 105 a 130 chilometri: al di sotto, un oceano di acqua salata liquida, ipotizzato nel 2002 e poi confermato nel 2015 grazie agli studi sul campo magnetico di Ganimede, potrebbe forse ospitare una qualche semplice forma di vita (vedi a fondo pagina una illustrazione della possibile struttura di Ganimede).
Lo studio sullo spessore della crosta, pubblicato su Planetary and Space Science, si basa sull'analisi delle immagini riprese dalle sonde della NASA che nel tempo hanno visitato Giove e le sue lune, dalle due Voyager per finire alla sonda Galileo (a fondo pagina, una piccola selezione di quelle foto storiche). Alice Lucchetti (INAF, Osservatorio astronomico di Padova), coordinatrice della ricerca, spiega che «le immagini mostrano due tipi di terreno: alcuni scuri e altri biancastri. Questi ultimi, che mostrano anche un minor numero di crateri da impatto, sono segnati da grandi fratture».
Le fratture (o faglie) dimostrano la fragilità della crosta ghiacciata, ed è assodato che devono essere state prodotte da fenomeni tettonici di cui, al momento, non sappiamo nulla. Ed è anche certo che «hanno un ruolo importante nella connessione tra l'oceano liquido sottostante e la superficie», spiega Lucchetti.
Per cercare di dedurre informazioni sullo spessore della crosta ghiacciata i ricercatori hanno analizzato le fratture presenti in quattro regioni di Ganimede in prossimità dell'equatore. Studiando le fotografie i ricercatori hanno identificato due tipologie di fratture: quelle più corte di 150-200 chilometri, che si trovano più in superficie, e quelle lunghe oltre i 200 chilometri, che penetrano più in profondità la crosta ghiacciata e probabilmente raggiungono il confine tra la crosta stessa e l'oceano liquido.
Le faglie più lunghe, ossia quelle che si presume raggiungano la massima profondità, separano i terreni più scuri da quelli più chiari: quelle regioni potrebbero essere l'obiettivo di future missioni sul satellite gioviano - perché è lì che potrebbe esserci una risalita di materiali dall'oceano, che potrebbero dare una diversa colorazione alla superficie.
Le fratture sulla superficie di Ganimede saranno studiate da vicino dagli strumenti della sonda JUICE (ESA), in partenza verso il sistema di Giove nel 2022.
Non solo Ganimede. Lo studio coordinato da Alice Lucchetti è di grande interesse anche perché ci sono diversi satelliti dei pianeti esterni (soprattutto di Giove e Saturno) che hanno una crosta ghiacciata al di sotto della quale c'è un oceano liquido. Oltre a Ganimede, i più interessanti sono Europa (Giove) ed Encelado (Saturno): anche questi hanno una crosta ghiacciata di decine di chilometri di spessore, percorsa da grandi fratture, e gli studi su Ganimede potrebbero aprire nuove strade di ricerca per Europa ed Encelado.