Dopo i farmaci e le stampe in 3D, ora abbiamo provato a produrre in microgravità anche la birra, simulando le condizioni spaziali in laboratorio. I test sono stati condotti da un gruppo di scienziati dell'Università della Florida che hanno voluto indagare il comportamento del lievito durante la fermentazione in condizioni di gravità molto bassa, come quella che si ha a bordo di un veicolo spaziale. Dallo studio, pubblicato su Beverages, è emerso che la fermentazione avviene più rapidamente e che la birra prodotta è di maggiore qualità.
Fermentazione rapida. Per giungere alle loro conclusioni gli esperti hanno prodotto il mosto a partire dall'orzo e l'hanno poi diviso in sei campioni identici. Hanno poi iniettato in ognuno di essi il Saccharomyces pastorianus, lievito utilizzato per produrre la birra lager (a bassa fermentazione), utilizzandone tre come campioni di controllo, e ponendo gli altri tre in condizioni di microgravità simulate in laboratorio.
I risultati hanno evidenziato non solo che il lievito si è riprodotto perfettamente in microgravità, ma anche che la fermentazione è avvenuta più rapidamente, in 21,2 ore contro le 28,2 necessarie al mosto del gruppo di controllo. I ricercatori ipotizzano che il motivo sia da ricercare nel fatto che le cellule rimangono costantemente in sospensione, e questo massimizza la disponibilità delle sostanze nutritive impedendo che si depositino.
Maggiore qualità. La microgravità ha influenzato anche il sapore della birra: producendo una minore quantità di esteri (i bioprodotti della fermentazione che sono responsabili degli aromi sia buoni che cattivi della birra), il processo ha prodotto una birra di maggiore qualità, con un sapore migliore. Le possibili spiegazioni potrebbero essere due: o, ancora una volta, la sospensione delle cellule del lievito, oppure la minore attività di un gene responsabile della regolazione degli esteri.
«In futuro, continuando a esplorare lo Spazio, condurremo sempre più esperimenti in condizioni di microgravità che daranno esiti difficilmente prevedibili», spiega Andrew Macintosh, uno degli autori dello studio, sottolineando insieme ai propri colleghi che questo esperimento è solo un primo passo per iniziare a capire in che modo lo Spazio può aiutarci a migliorare le cose di tutti i giorni.