Il team dell'Eht (Event Horizon Telescope), celebre per aver prodotto le prime immagini dei buchi neri supermassicci M87 e Sagittarius A* ha recentemente raggiunto, grazie al coordinamento di più radiotelescopi dislocati sulla superficie terrestre, un nuovo notevole traguardo nel campo dell'osservazione astronomica, ottenendo le immagini più nitide mai prodotte monitorando lo spazio direttamente dal nostro pianeta.
Il progetto, che coinvolge oltre 400 ricercatori provenienti da tutto il mondo e che si propone di studiare i buchi neri e le altre meraviglie cosmiche con una precisione senza precedenti, è stato pubblicato su The Astronomical Journal.
Tecnica rivoluzionaria. La tecnica utilizzata dall'Eht nell'esperimento pilota è la stessa già usata per cogliere le immagini di M87 e Sagittarius A* ed è nota come interferometria a base molto lunga (VLBI). La novità sta nella riduzione della lunghezza d'onda. Nel dettaglio, per ottenere immagini ad alta risoluzione gli astronomi hanno, di norma, tre possibilità: costruire telescopi più grandi, e non è questo il caso; avvicinarsi all'oggetto da osservare, e non è possibile spostare la Terra; osservare la luce di lunghezza d'onda più corta: bingo.
«Con l'Eht abbiamo visto le prime immagini di buchi neri eseguendo osservazioni a lunghezza d'onda di 1,3 mm», spiega Alexander Raymond, ricercatore statunitense del Center for Astrophysics di Harvard. «Ma l'anello luminoso, formato dalla luce che si piega a causa della gravità del buco nero, risultava ancora sfocato perché eravamo ai limiti assoluti della possibilità di rendere definite le immagini. A 0,87 mm, invece, i dettagli saranno più nitidi e precisi, e ciò rivelerà probabilmente nuove proprietà, sia quelle che erano state precedentemente previste sia, forse, alcune che non lo erano».
Nuove prospettive. Grazie a questa metodologia, i ricercatori sono riusciti a ottenere particolari fino a 19 "microarcosecondi", la più alta risoluzione mai raggiunta con osservazioni esclusivamente terrestri, cogliendoli da galassie monitorate grazie all'uso di appena sei dei dodici telescopi che partecipano all'Eht (L'Alma e l'Apex in Cile, l'Iram in Spagna, il Noema in Francia, il Grt in Groenlandia e lo Sma alle Hawaii).
Sebbene non siano ancora state prodotte immagini complete, la capacità di rilevare a un livello così approfondito rappresenta una svolta nel campo dell'astrofisica, aprendo una nuova finestra per lo studio dei buchi neri e offrendo la possibilità di ottenere un miglioramento pari a circa il 50% rispetto alle fotografie celesti ottenute con la vecchia lunghezza d'onda.
In questo modo si potranno esplorare con maggiore chiarezza i dettagli di M87 e Sagittarius A*, ma anche osservare soggetti più distanti e con emissione più debole.
Futuro promettente. Stando ai ricercatori, il nuovo traguardo raggiunto dal consorzio Eht è solo l'inizio di un'era di scoperte molto promettente. Il test pilota è servito semplicemente a dimostrare la possibilità di superare le sfide tecniche legate all'osservazione a lunghezze d'onda più corte, aprendo la strada a future esplorazioni.
Con l'inclusione di un numero maggiore di telescopi e il perfezionamento della tecnica VLBI, gli scienziati potranno perciò ottenere fotografie ancora più nitide, che li aiuteranno a svelare nuovi segreti del cosmo. Tra i più entusiasti, il direttore fondatore dell'Eht, "Shep" Doeleman, che afferma: «Osservare i cambiamenti nel gas circostante a diverse lunghezze d'onda ci aiuterà a risolvere il mistero di come i buchi neri attraggono e accumulano materia e di come possono lanciare potenti getti a distanze galattiche». Non resta che attendere, non senza malcelata impazienza, nuove strabilianti immagini.