Spazio

Sulla ISS giocano col fuoco. Per fortuna

Sperimentando come spegnere un incendio a gravità zero, i ricercatori scoprono un comportamento inatteso nella chimica della combustione: potrebbe rivoluzionare la tecnologia dei nostri motori.

Gridare "al fuoco!" nello Spazio, in un ambiente come quello della Stazione Spaziale Internazionale, potrebbe indicare una situazione più seria e complessa della stessa richiesta d'aiuto fatta sulla Terra. Sulla ISS, infatti, gli spazi sono angusti e i pompieri fuori portata. Ma, soprattutto, le fiamme divampano in modo diverso rispetto a quaggiù.

Scoprire come si sviluppano gli incendi in condizioni di microgravità e quali sono i gas più adatti ad estinguerli è una missione di cruciale importanza per la Nasa, per la sicurezza degli astronauti attualmente nello Spazio e di quelli che un giorno affronteranno le prime missioni umane verso Marte.

In diretta video su Focus.it - Martedì 9 luglio Luca Parmitano sarà il primo astronauta italiano ad effettuare una attività extra veicolare: sarà una "passeggiata di lavoro" della durata di alcune ore.

Forman Williams, professore di Ingegneria all'Università della California di San Diego, sta conducendo una serie di esperimenti sull'estinzione di fiamme prodotte da diversi combustibili a bordo della ISS. Il progetto, chiamato FLEX (Flame Extinguishment Experiment), in collaborazione con gli scienziati della Nasa, si svolge all'interno di una camera di combustione nel modulo Destiny della ISS, controllata da remoto dai laboratori del John Glenn Research Center della Nasa (a Cleveland, in Ohio). Gli esperimenti consistono nell'emettere e incendiare piccole gocce di combustibile, estinguendo poi le fiamme in condizioni di sicurezza.

I primi test, avvenuti in due fasi, nel 2009 e nel 2011, hanno evidenziato alcune peculiarità degli incendi spaziali, a partire dalla forma della fiamma e dai suoi punti più caldi. Prendiamo ad esempio una candela: sulla Terra la fiammella assume la forma di una goccia perché è "risucchiata" verso l'alto dal moto dell'aria calda (più leggera), che trascina con sé anche i prodotti della combustione; attorno allo stoppino, invece, c'è aria relativamente più fredda e ancora ricca di ossigeno.

Nello Spazio tutto avviene in modo diverso: la gravità ridotta o assente fa sì che la fiamma si espanda in modo uniforme in ogni direzione, perciò si forma una sfera attorno allo stoppino, e la combustione avviene in un'area ristretta alla periferia della sfera, dove il combustibile si miscela con l'ossigeno.

Sulla ISS, insomma, un fenomeno fisico così comune sulla Terra come il moto ascensionale dell'aria calda (leggera) e quello discendente dell'aria fredda (pesante) non avviene per via della pressoché totale assenza di gravità. Perciò quelle spaziali sono fiamme più piccole e compatte, meno voraci di ossigeno ma più tenaci e difficili da estinguere e gli estintori che possiamo usare efficacemente sul nostro pianeta lì sono meno utili.

Come brucia una candela nello Spazio?

Gli esperimenti del progetto FLEX, quindi, servono a stabilire quali siano i materiali più facilmente infiammabili da evitare sulla ISS, o che tipo di estintori utilizzare in caso di incendio (attualmente si usano quelli ad anidride carbonica).

Ma non solo. Nella seconda fase dell'esperimento, chiamata FLEX-2, è avvenuto un fatto che ha sorpreso gli scienziati. Durante la combustione di alcune gocce di eptano (un composto molto infiammabile) all'interno del modulo-laboratorio Destiny, le fiamme si sono apparentemente estinte dopo alcuni secondi come previsto, mentre le gocce di carburante hanno continuato a bruciare. In realtà le fiamme continuavano ad esserci, ma non erano visibili ad occhio nudo.

«Si tratta delle cosiddette "fiamme fredde"», spiega Williams: «quando le abbiamo viste stentavamo a crederci». Normalmente sulla Terra gli incendi si sviluppano a temperature comprese tra i 1.200 e i 1.700 °C. Anche le gocce di eptano hanno iniziato a bruciare a questa temperatura, ma durante la combustione si sono raffreddate passando a un intervallo di 200-500 °C. «A quel punto anche la chimica cambia completamente», continua lo scienziato. «Le fiamme normali producono fuliggine, anidride carbonica e acqua. Le fiamme fredde producono monossido di carbonio e formaldeide.»

Le implicazioni di questo esperimento sono di grande importanza per lo studio di nuove e più pulite forme di accensione per le automobili qui, sulla Terra: all'interno del cilindro del motore potrebbe un giorno non esserci più la classica "scintilla" che dà avvio alla combustione, ma un processo di accensione più lento e meno inquinante.

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5 luglio 2013 Elisabetta Intini
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