Spazio

Il telescopio a “occhio di mosca” per la caccia ai detriti spaziali (e agli asteroidi pericolosi)

Un telescopio a grandissimo campo di nuova concezione e ideato in Italia potrebbe aiutare a risolvere il problema della sempre crescente moltitudine di detriti spaziali e della scoperta degli asteroidi potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta.

Da quando nel 1957 fu lanciato lo Sputnik, migliaia di missioni spaziali si sono succedute con più di 4.000 satelliti messi in orbita, producendo il rilascio nello spazio di centinaia di migliaia di detriti le cui dimensioni vanno da quelle di un granello di sabbia a quelle di un autobus.

Oggetti smarriti. Alcuni di questi detriti sono divenuti famosi, come la fotocamera persa da Michael Collins durante la missione Gemini 10, ma la maggior parte di essi ha origini molto meno suggestive. Si tratta di satelliti dismessi o esplosi, di resti di motori e serbatoi, di parti di navette, ecc., oggetti quindi disparati, ma con un elemento in comune: la pericolosità. Tali detriti, infatti, viaggiano attorno alla Terra ad una velocità fino a venti volte superiore a quella di un proiettile di fucile, così che anche frammenti con dimensioni dell’ordine del centimetro possono avere effetti devastanti in caso d’impatto con i satelliti operativi, e in particolare con la Stazione Spaziale Internazionale.

Micheal Collins
Micheal Collins dopo la convulsa passeggiata spaziale (EVA) della missione Gemini (1966) in cui perse la sua macchina fotografica Hasselblad © Nasa

Bruciati. La forza di gravità porta i detriti verso orbite più basse, fino a farli interagire con l’atmosfera, dove, nella stragrande maggioranza dei casi, bruciano per attrito.

La permanenza in orbita è però tanto maggiore quanto più elevata è l'altezza di partenza, così, se i detriti prodotti a meno di 600 km rientrano a terra nell’arco di pochi anni, quelli rilasciati oltre i 1.000 km possono restare in orbita per secoli.

La stima attuale è di diverse decine di migliaia di oggetti potenzialmente distruttivi, il cui numero sta velocemente aumentando.

Come risolvere il problema della spazzatura spaziale. Questa situazione è divenuta pericolosa al punto che la NASA, l’ESA, e le principali agenzie spaziali mondiali, stanno investendo grandi risorse in programmi dedicati. L’ESA, per esempio, ha avviato da pochi anni un programma dedicato alla sicurezza spaziale o SSA (Space Situational Awareness), con l’obiettivo di realizzare una rete di monitoraggio basata su sensori ottici e radar. Con le tecnologie oggi disponibili è impensabile poter ripulire lo spazio circumterrestre dai detriti, non resta quindi che cercare di scoprirne la maggior parte, determinarne con precisione l’orbita e mantenerli poi sotto stretta sorveglianza, per consentire lanci futuri di satelliti e missioni senza il rischio di collisioni accidentali con qualche bolide vagante.

Come una mosca. Ma come fare ad osservare migliaia di corpuscoli distanti centinaia o migliaia di km in modo rapido ed efficace? Ebbene, un team italiano di scienziati di fama internazionale, dell’Università di Pisa, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Istituto di Fisica Applicata del CNR, di SpaceDyS, spin-off dell’Ateneo Pisano, coordinato da Compagnia Generale per lo Spazio SpA (CGS, ex Carlo Gavazzi Space), azienda leader nelle tecnologie spaziali, ha trovato la soluzione al problema, ideando un rivoluzionario telescopio a grandissimo campo che riproduce l’architettura dell’occhio della mosca.

Questo "prodigio" dell’ottica avanzata, è stato possibile grazie alle intuizioni degli esperti del gruppo, che si sono ispirati agli occhi degli insetti, formati da tanti piccoli occhi semplici, ognuno dei quali osserva una piccola porzione del campo visivo; le immagini fornite da ogni singolo occhio vengono in questo modo composte come le tessere di un puzzle, per ottenere un’immagine continua e ad altissima definizione di un campo di vista ampissimo.

L’idea rivoluzionaria ha portato il team coordinato da CGS al progetto di una nuova generazione di telescopi, definiti Fly-Eye Telescope (Telescopio Occhio di Mosca), in grado di osservare vastissime porzioni di cielo (fino a 45° quadrati, un campo di cielo equivalente a quello sotteso da oltre 50 lune piene!) con una risoluzione migliore di 1/3600 di grado. Per fare un confronto, i “normali” telescopi impiegati nella ricerca astronomica coprono un campo di cielo che raramente supera 1° quadrato.

Scandagliare il cielo. Si potranno così fotografare rapidamente e ripetutamente in una sola notte grandi porzioni di cielo, operazione pressoché impossibile con i telescopi oggi disponibili, per dare la caccia alla spazzatura spaziale poco dopo il tramonto e prima dell’alba e agli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra durante il resto della notte.

La sinergia con nuove tecniche di calcolo orbitale messe a punto dal gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa, che, unici al mondo, riescono con metodi matematici di loro ideazione a calcolare l’orbita del detrito con due sole osservazioni, (mentre l’approccio classico ne richiede almeno tre), consentirà di ottenere un’efficienza di catalogazione dei detriti spaziali, molto più elevata di quella offerta da qualsiasi sistema oggi esistente.

Protezione dagli asteroidi. Lo stesso strumento è il principale attore dell’originalissima metodologia di Wide Survey, che permette di proteggere la Terra dagli asteroidi più insidiosi. Questo progetto, sviluppato con una tecnologia innovativa tutta italiana, offre al nostro Paese una possibilità straordinaria, quella cioè di diventare un punto di riferimento in un settore altamente strategico, quello della Sicurezza Spaziale.

25 settembre 2014 Mario Di Martino
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