Immaginate di colpire una campana con un martello, e di mettervi in ascolto del tintinnio che ne deriva. Quando due buchi neri collidono, avviene - con le dovute proporzioni - qualcosa di analogo: soltanto che al posto delle onde acustiche, possiamo metterci in ascolto di quelle gravitazionali. Analizzando gli "accordi" di uno scontro tra due buchi neri, un gruppo di astrofisici statunitensi ha individuato due note specifiche, emesse non nella collisione, ma dal buco nero che ne è emerso.
Lo studio è frutto della collaborazione tra gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology e del California Institute of Technology, ed è pubblicato su Physical Review Letters.
Orecchio musicale. La scoperta deriva da una nuova analisi del primo treno di onde gravitazionali relativo a uno scontro tra buchi neri - GW 150914 - rilevato nel settembre 2015. Il team si è concentrato sulla parte appena successiva al picco del segnale, ossia il momento più forte del "cinguettio" (chirp) che descrive lo scontro. E qui è riuscito a isolare la firma corrispondente alle frequenze della vibrazione del nuovo buco nero, con una precisione sufficiente a individuare due "note" distinte corrispondenti a una fase che gli esperti chiamano ringdown.
Il primo respiro. Quando due buchi neri si fondono in uno, esiste un periodo molto breve di tempo in cui il nuovo oggetto celeste oscilla rilasciando onde gravitazionali più deboli e di breve durata, dalla frequenza ben distinta.
Questi istanti vengono chiamati, appunto, ringdown, ma finora si pensava che le loro vibrazioni caratteristiche nello spazio-tempo fossero troppo deboli per essere distinte dal resto del "rumore". La scoperta ha lasciato sorpresi i ricercatori anche perché si pensava che le armonie tipiche dei primi istanti di vita di un buco nero appena nato si perdessero prima della sua raggiunta stabilità.
Descrizione precisa. Dall'analisi di questi due toni gli scienziati sono riusciti a calcolare la massa e il momento angolare del buco nero appena formato, così come previsto dalla Teoria della Relatività generale di Einstein. Queste due proprietà sono risultate le uniche due deducibili, così come vuole il cosiddetto teorema no-hair o dell'essenzialità, secondo il quale tutte le altre informazioni relative a un buco nero diventano inaccessibili perché perse dietro all'orizzonte degli eventi (ossia quel confine superato il quale nulla può tornare indietro, e dunque nulla può essere visto o rilevato): «È la prima volta che misurazioni sperimentali riescono a testare direttamente il teorema no-hair», afferma il fisico Maximiliano Isi del MIT, tra gli autori dello studio.