Spazio

Il mistero delle chiazze di Titano

Neppure i dati della sonda Cassini erano riusciti a sciogliere un mistero più che decennale sulla natura di alcune regioni di Titano: ma ora sembra che vi sia una solida spiegazione.

Un mistero che si trascina da oltre un decennio sembra infine risolto: che cosa sono quelle grandi aree chiare, altamente riflettenti, rilevate lungo alcune regioni tropicali meridionali di Titano, la più grande delle lune di Saturno? Ora c'è una risposta: uno studio (pubblicato su Nature) sembra dimostrare che si tratta di laghi e mari di idrocarburi prosciugati. Lo studio sembra poter fare luce anche sulla storia del clima di Titano e, per esclusione, di poter definire meglio come potrebbero apparire ai nostri radiotelescopi gli ambienti adatti alla vita di pianeti extrasolari.

I primi dati su quelle aree risalgono al periodo che va dal 2000 al 2008, quando i grandi radiotelescopi di Arecibo (Puerto Rico) e Green Bank (Virginia) avevano individuato una dozzina di regioni eccezionalmente chiare dal punto di vista dei segnali radio. «Già allora avevamo pensato a grandi laghi», afferma Jason Hofgartner (JPL), coordinatore dello studio, «ma vennero avanzate anche altre ipotesi, senza però che ce ne fosse una abbastanza solida da poter spiegare il fenomeno.»

La prima idea trovò poi conferma con la missione della sonda Cassini: i rilevamenti effettuati durante i flyby permisero di affermare che su Titano effettivamente ci sono laghi di idrocarburi, alimentati da un sistema meteorologico simile a quello del ciclo dell'acqua sulla Terra, con piogge di metano ed etano che vanno ad alimentare fiumi, laghi e mari. Ma questi bacini di idrocarburi si trovano principalmente vicino ai Poli di Titano: da Cassini non c'era conferma di qualcosa di analogo in corrispondenza delle regioni studiate da Terra.

A quel punto Hofgartner ha condotto uno studio ad ampio raggio, incrociando tutti i dati disponibili, da quelli dei radiotelescopi agli ultimi di Cassini e Huygens. «Abbiamo considerato ogni scenario possibile, ma l'unico capace di spiegare le caratteristiche che emergono dai dati comporta l'esistenza di terreni lisci, diversi da quelli circostanti, e ciò fa pensare a laghi asciutti o fondali marini», afferma lo scienziato. «Sulla Terra i mari evaporati lasciano generalmente pianure più salate rispetto all'ambiente circostante. Su Titano, invece, quelle aree non sono salate perché c'erano idrocarburi, non acqua, ma certamente sono più ricche di sostanze organiche rispetto alle aree vicine.»

Come spesso accade, una risposta prepara la strada a nuove domande. Perché nel passato di Titano le regioni ricche di liquidi erano vicino ai tropici, mentre oggi si trovano ai Poli? Sta cambiando il clima del satellite di Saturno oppure sta finendo il suo "ciclo degli idrocarburi"? In fondo potrebbe dipendere anche solo dall'azione fotochimica del Sole, distruttiva sul metano.

E per lo studio dei pianeti extrasolari? La conoscenza dell'esistenza di questi meccanismi contribuisce a definire quell'insieme di regole sulle cose che possiamo o non possiamo aspettarci di vedere studiando mondi lontani con gli strumenti delle nostre attuali tecnologie.

12 luglio 2020 Luigi Bignami
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