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I segreti del Pianeta rosso

Su Marte c'era acqua. Anche salata. Lo confermano alterazioni sulle rocce analizzate dalla sonda Spirit: la Nasa lo ha annunciato in questi giorni. Tutte le scoperte delle sonde spaziali spiegate...

I segreti del Pianeta rosso
Su Marte c'era acqua. Anche salata. Lo confermano alterazioni sulle rocce analizzate dalla sonda Spirit: la Nasa lo ha annunciato in questi giorni. Tutte le scoperte delle sonde spaziali spiegate a fondo, con un multimedia per scoprire dove ti trovi. E in più le foto, i panorami 3D del pianeta e le notizie aggiornate al 23 settembre 2004.

Un'illustrazione dei rover che atterratti su Marte a cavallo di Natale e Capodanno, ci stanno svelando i segreti del pianeta. Foto: © Nasa.Guarda i panorami interattivi e 3 D di Spirit (colori o in bianco e nero) e di Opportunity. QTVR © H. Nyberg.
Un'illustrazione dei rover che atterratti su Marte a cavallo di Natale e Capodanno, ci stanno svelando i segreti del pianeta. Foto: © Nasa.
Guarda i panorami interattivi e 3 D di Spirit (colori o in bianco e nero) e di Opportunity. QTVR © H. Nyberg.

Marte è il pianeta del sistema solare più simile alla Terra e per questo è anche il più studiato. Oggi ci appare come un deserto rosso e freddo, ma si ritiene che una volta, circa 4 miliardi di anni fa, fosse caldo e umido, avesse un'atmosfera più spessa e fosse ricoperto di laghi, fiumi e mari. Si pensa, cioè, che potesse ospitare la vita.
Le missioni in corso ci stanno fornendo nuove e importanti conferme di queste ipotesi e stanno appassionando sia gli scienziati, sia tutti noi. Le immagini dai satelliti, infatti, suggeriscono che il suolo marziano sia stato plasmato da fiumi e mari, mentre le analisi del suolo dimostrano la presenza di composti chimici e di strutture geologiche che si sono formate in presenza di acqua.
In questo Focus File analizzeremo le ultime scoperte, cercando di capire la girandola di informazioni che quasi quotidianamente gli scienziati della Nasa comunicano a giornalisti e appassionati. Nell'ultima pagina sono raccolti tutti gli approfondimenti.
Questo speciale è aggiornato al 23 settembre 2004.


Tappeto magico...
Il suolo marziano ha subito appassionato gli scienziati del centro di controllo di Pasadena (Usa) che seguono le missioni. Le impronte lasciate dagli airbag del rover Spirit durante l'atterraggio nel pianeta rosso, per esempio, lasciavano intravedere un sottile strato superficiale compatto e pastoso, simile a plastilina. Gli scienziati lo avevano soprannominato “tappeto magico”, perché sembrava fango… ma non poteva esserlo, dato che il fango si forma in presenza di acqua liquida, che invece su Marte dovrebbe essere assente.
Che cosa fa, allora, da collante tra i granelli di polvere?

I segreti del Pianeta rosso
Su Marte c'era acqua. Anche salata. Lo confermano alterazioni sulle rocce analizzate dalla sonda Spirit: la Nasa lo ha annunciato in questi giorni. Tutte le scoperte delle sonde spaziali spiegate a fondo, con un multimedia per scoprire dove ti trovi. E in più le foto, i panorami 3D del pianeta e le notizie aggiornate al 23 settembre 2004.

Un'immagine ai falsi colori dei granelli di pietra sferici trovati da Opportunity e ribattezzati 'mirtilli' dagli scienziati. Sarebbero il risultato dell'erosione dell'acqua. Clicca sull'immagine per ingrandirla. Foto: © NASA/JPL/Cornell.
Un'immagine ai falsi colori dei granelli di pietra sferici trovati da Opportunity e ribattezzati "mirtilli" dagli scienziati. Sarebbero il risultato dell'erosione dell'acqua. Clicca sull'immagine per ingrandirla. Foto: © NASA/JPL/Cornell.

...e bacche minerali.
Probabilmente alcuni sali: «Potrebbe trattarsi di solfati e cloruri» ha dichiarato poco dopo la scoperta Steve Squyres, fisico alla Cornell University (Usa) e responsabile delle missioni di Spirit e Opportunity. Le analisi, infatti, hanno rilevato la presenza di cloro e zolfo.
Spirit ha trovato anche qualche traccia di minerali che si sono formati presumibilmente in presenza d'acqua e, soprattutto, ha trovato roccie di tipo vulcanico: si pensa perciò che questo cratere abbia contenuto un antico lago e sia stato poi ricoperto da una colata di lava.
Nel lato opposto del pianeta, invece, il rover Opportunity ha trovato abbondanti tracce dell'acqua che una volta ricopriva la regione. «Un tempo, l'acqua fluiva fra queste rocce e ne ha cambiato la struttura e la composizione chimica» afferma Squyres. «Abbiamo così potuto decifrare le tracce che l'acqua ha lasciato con il suo passaggio».
Ad attrarre l'attenzione sono state, all'inizio, soprattutto le “bacche” minerali grigie, composte di ematite, che si formarono presumibilmente all'interno di piccole cavità nelle rocce, a causa della precipitazione dei minerali disciolti nell'acqua che le permeava. Più recentemente, sferette simili sono state trovate pure dal Rover Spirit e si è scoperto che formazioni dello stesso tipo sono presenti anche in Utah, negli USA.

Le prove dell'acqua che ci fu
Le testimonianze della presenza di acqua in antichità non finiscono qui. Le analisi chimiche di Opportunity, per esempio, hanno mostrato che le rocce contengono elevate quantità di sali, e in particolar modo solfati. Per questo motivo, si ritiene che si siano formate in presenza di acqua, oppure che si siano formate in altro modo, ma che siano state comunque a lungo a contatto con l'acqua. Le rocce, infine, sono stratificate e contengono ondulazioni che si sono formate in presenza di un flusso d'acqua.

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Che i poli di Marte fossero ricoperti di ghiaccio era cosa già nota. Ma dalle analisi di Mars Express ora sappiamo molto di più. Anche al polo sud c'è ghiaccio d'acqua. '>Guarda la fotogallery delle foto inviate dalla sonda europea. © Esa
Che i poli di Marte fossero ricoperti di ghiaccio era cosa già nota. Ma dalle analisi di Mars Express ora sappiamo molto di più. Anche al polo sud c'è ghiaccio d'acqua. Guarda la fotogallery delle foto inviate dalla sonda europea. © Esa

Modellati dall'acqua?
Se le missioni dei rover ci regalano dettagli affascinanti dell'ambiente marziano, le sonde orbitanti ci forniscono immagini mozzafiato dei panorami sul pianeta rosso.
Tra le strutture più spettacolari c'è Olympus Mons che, con i suoi 27 km di altezza, è la montagna più alta del sistema solare: il triplo dell'Everest, circa! Un altro esempio è Valles Marineris, un enorme sistema di canyon profondi fino a oltre 7 km. Ci sono poi, anche, immensi altipiani, crateri simili a quelli lunari, dune di sabbia. E, in alcuni di questi paesaggi, sembra proprio di notare il segno dell'erosione di antichi fiumi o laghi.

È qui il ghiaccio scomparso?
La crosta superficiale del pianeta è spessa poche decine di chilometri, e si pensa che al suo interno ci siano un mantello di rocce fuse e un nucleo ferroso più denso. A differenza della crosta terrestre, però, quella marziana non è caratterizzata da zolle tettoniche in movimento, ma è costituita da un unico blocco simile alla buccia di un'arancia.
Si ritiene che, nello stato più superficiale, si nascondano grandi quantità di ghiaccio: sarebbe quel che rimane dell'acqua che presumibilmente abbondava in passato e sembra oggi scomparsa nel nulla. La sonda europea Mars Express, attualmente in orbita, è dotata di strumenti capaci di osservare la presenza di ghiaccio fino a qualche chilometro di profondità e dovrebbe fornirci importanti indicazioni in proposito.

Due tipi di ghiaccio
Il ghiaccio, comunque, è certamente presente, e in grandi quantità, nei poli marziani, come ha recentemente dimostrato la sonda Mars Express. Oltre al ghiaccio normale, qui si trova anche “ghiaccio secco”, cioè anidride carbonica solida. In queste zone, infatti, fa così freddo che solidifica anche l'anidride carbonica dell'atmosfera.
L'estensione delle calotte polari segue un ciclo stagionale: i ghiacci si estendono d'inverno a latitudini inferiori e si ritirano d'estate. Più precisamente, il ghiaccio d'acqua non si scioglie mai e rimane sempre congelato nella sua posizione. Il ghiaccio secco che lo ricopre, invece, segue il ciclo delle stagioni. Ciò è possibile, perché su Marte il ghiaccio secco può sublimare, cioè evaporare direttamente senza passare per lo stato liquido. Dall'atmosfera, poi, l'anidride carbonica può tornare in superficie sotto forme di neve o brina.

I segreti del Pianeta rosso
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Il panorama fotografato nel lontano 1976 dalla sonda Viking 1. Una corrente di scienziati ritiene che le analisi di allora non sono state correttamente interpretate. Foto: © Nasa.
Il panorama fotografato nel lontano 1976 dalla sonda Viking 1. Una corrente di scienziati ritiene che le analisi di allora non sono state correttamente interpretate. Foto: © Nasa.

Diavoli, tempeste e segni di vita
L'anidride carbonica è di gran lunga l'ingrediente principale dell'aria marziana (95,3%), che è molto rarefatta: la pressione, infatti, è meno di cento di volte inferiore a quella terrestre. Nonostante ciò, su Marte si muovono spesso forti venti e perfino tempeste globali che possono avvolgere tutto il pianeta per mesi.
Tra i fenomeni atmosferici, sono particolarmente frequenti i dust devil, simili agli omonimi fenomeni che si formano nelle zone desertiche sulla Terra. Su Marte, questi turbini di polvere sono sottili e alti fino a 8 km, e lasciano spesso tracce filiformi del loro passaggio sulla superficie del pianeta.
E le nubi? Ci sono, anche se sono un po' diverse dalle nostre: sono costituite, di solito, da cristalli di ghiaccio, di ghiaccio secco e da polveri giallastre.
Ma è soprattutto lo studio della composizione chimica dell'atmosfera che, recentemente, sta appassionando gli scienziati: la sonda Mars Express e due telescopi terrestri hanno misurato la presenza di metano, un gas che può essere prodotto da fenomeni vulcanici (che si ritenevano assenti) o da organismi viventi. Il metano, oltretutto, nell'atmosfera marziana è instabile: tende a reagire chimicamente e non può esistere per più di 400 anni. Il gas misurato, perciò, qualunque sia la sua origine, deve essersi formato recentemente.

Ma dove sono i marziani?
È possibile, dunque, che esistano i marziani? Sì, anche se si tratterebbe soltanto di semplici microrganismi. Non abbiamo ancora prove dirette dell'esistenza, passata o presente, della vita marziana, anche se le recenti misure di Opportunity ci parlano di un ambiente che, in passato, fu mite e ospitale. Non solo: ci sono anche alcuni indizi, seppur controversi, del fatto che le missioni passate Viking, nel 1976, abbiano effettivamente trovato tracce di vita sul suolo di Marte, ma che gli scienziati non abbiano saputo riconoscerle.
Moltissimi esperti, comunque, condividono l'opinione che su Marte si sia sviluppata la vita. «Quattro miliardi di anni fa, quando il sistema solare si stava formando» ha raccontato a Focus Gentry Lee, scrittore e ingegnere della Nasa «Marte era caldo, umido e ospitale. La Terra, invece, era dinamica, vulcanica ed emanava molti gas. Ho un po' di colleghi alla Nasa che pensano che la vita si sia formata allora, su Marte, e che poi sia migrata sulla Terra, dove è fiorita fino a generare noi». Se ciò fosse vero, i marziani esisterebbero davvero, ancora oggi: saremmo noi.

Andrea Parlangeli

Nella pagina seguente, tutti gli approfondimenti su Marte e la sua esplorazione.

I segreti del Pianeta rosso
Su Marte c'era acqua. Anche salata. Lo confermano alterazioni sulle rocce analizzate dalla sonda Spirit: la Nasa lo ha annunciato in questi giorni. Tutte le scoperte delle sonde spaziali spiegate a fondo, con un multimedia per scoprire dove ti trovi. E in più le foto, i panorami 3D del pianeta e le notizie aggiornate al 23 settembre 2004.

Approfondimenti
Clicca sugli argomenti che più ti interessano per avere un'informazione puntuale e approfondita. Puoi anche leggere di seguito tutta la pagina


Caratteristiche generali
Il terreno: il tappeto magico e le bacche
Cratere Gusev
Meridiani Planum
Le pietre: le prove dell’acqua
Cratere Gusev
Meridiani Planum: qui ci fu l’acqua (e la vita?)
I paesaggi: modellati dall’acqua?
Il sottosuolo: è qui il ghiaccio scomparso?
Il nucleo
Il mantello
La crosta esterna… perché è rossa?
Il ghiaccio sotterraneo
I Poli: due tipi di ghiaccio
Polo Nord
Polo Sud
Ere glaciali
Il campo magnetico: tracce del passato
L’atmosfera: il mistero del metano
Composizione chimica
Vapore e ozono
Effetto serra
Nuvole
Diavoli e tempeste
Tracce di vita?
La vita: l’enigma più affascinante
Somiglianza con la Terra
Segni di acqua liquida: Vita estrema sulla Terra
Metano nell'atmosfera
Meteoriti
Esperimenti delle missioni Viking
Revisione degli esperimenti dei Viking
Link

Caratteristiche generali

Marte è il pianeta conosciuto più simile alla Terra.
Ecco le sue caratteristiche principali, la sua “carta d’identità”:
Distanza dal Sole 1,52 volte la distanza Terra-Sole
Diametro 0,53 volte il diametro terrestre
Massa 0,11 volte la massa terrestre
Giorno (Sol) 39 minuti più lungo del giorno terrestre
Anno marziano 1,88 anni terrestri
Pressione atmosferica Meno dell’1% di quella terrestre
Gravità Un terzo circa di quella terrestre
Temperatura media -60 °C
Temperatura minima -140 °C
Temperatura massima 20 °C
Lune Marte ha due lune, Phobos e Deimos, larghe 21 km e 12 km, e orbitanti a 9 km e 23 km di quota, rispettivamente

Le differenze principali rispetto alla Terra sono:Marte è molto più freddo.
Non è dotato di tettonica a zolle.
Non è vulcanicamente attivo.
Sulla sua superficie non c’è acqua liquida.
L’atmosfera è molto più tenue e povera di ossigeno.
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Il terreno: il tappeto magico e le bacche

Visto dalla Terra, Marte appare come un pianeta rossastro, perché ricco di minerali ferrosi ossidati. Se questa è la sua apparenza generale, vista più da vicino la superficie marziana è molto ricca di strutture: vulcani spettacolari, alti fino a tre volte l’Everest, canyon profondissimi e smisurate pianure. Nel corso degli ultimi decenni, le osservazioni dei lander della Nasa ci hanno permesso di caratterizzare molto bene alcune zone e di studiare, tra l’altro, le proprietà del terreno marziano. Oltre alle caratteristiche particolari delle varie zone, i dati raccolti dai rover Spirit e Opportunity, dai due lander delle missioni Viking nel 1976 e dalla missione Pathfinder del 1997 suggeriscono che il suolo che ricopre Marte abbia caratteristiche simili un po’ ovunque e si ritiene che ciò sia dovuto alle frequenti tempeste di sabbia che interessano spesso anche tutto il pianeta.
Spirit e Opportunity, inoltre, hanno trovato finalmente le tracce geologiche dell'acqua che una volta ricopriva il pianeta. La loro missione, dunque, si può dire riuscita, anche se ancora rimangono molti dubbi su come, quando e in quali quantità quest'acqua fosse presente sul pianeta. E, soprattutto, rimane il dubbio sul fatto che quell'acqua abbia potuto ospitare la vita.

Cratere Gusev

Il cratere Gusev è un vasto cratere da impatto: è stato generato da un meteorite ed è largo circa 150 km.

Qui è atterrato, nel gennaio 2004, il rover Spirit, o MER1 (Mars Exploration Rover 1, per distinguerlo dal rover gemello Opportunity, o MER2). Nella prima parte della sua missione, Spirit ha dedicato molta attenzione al suolo nei pressi del punto dell’atterraggio. E, sebbene non abbia trovato le tracce di un antico lago, come molti si aspettavano, ha osservato comunque alcune caratteristiche interessanti:
1) Tappeto magico. Le tracce lasciate dagli airbag nella fase di atterraggio mostravano uno strato esterno più rosso, spesso pochi centimetri, sopra un terreno più scuro. Lo strato superficiale era compatto e pastoso, simile a plastilina, tanto che gli scienziati della Nasa lo hanno soprannominato “tappeto magico”, perché non si capiva che cosa potesse tenerlo compatto. Ci si aspettava, insomma, che fosse polveroso, e invece era compatto come fango terrestre, cioè come se ci fosse acqua a tenere uniti i granelli di polvere. Sulla superficie di Marte, però, si ritiene che l’acqua liquida sia oggi assente. L’ipotesi più attendibile è che a fare da collante tra i granelli di polvere siano alcuni sali (soprattutto solfati e cloruri). Questi ultimi potrebbero essersi formati in presenza d’acqua, oppure potrebbero essere stati rilasciati da processi vulcanici o dall’umidità che in passato traspirava dal sottosuolo.
2) Ferro e zolfo. Le analisi spettroscopiche hanno mostrato la composizione chimica: gli elementi più abbondanti sono risultati silicio e ferro, ma ci sono anche quantità significative di cloro e zolfo. Questa composizione è simile a quella trovata in altri siti marziani, ma diversa da quella del suolo terrestre.
3) Carbonati. È stata rilevata la presenza di carbonati, minerali che si formano proprio in presenza d’acqua. A generarli, però, potrebbe aver essere stata semplicemente l’umidità dell’aria o altri processi chimici di tipo vulcanico.
4) Polveri vulcaniche. È stata rilevata la presenza di olivina, una roccia di tipo vulcanico. Si ritiene, pertanto (anche sulla base di altre misure) che le polveri siano di origine vulcanica.
5) Suolo compatto. All’interno di una piccola depressione chiamata Laguna Hollow, Spirit ha scavato il terreno con le sue ruote, muovendosi avanti e indietro. Il suolo è risultato più compatto di quello del Meridiani Planum, scavato da Opportunity con la stessa tecnica.
6) Bacche minerali. Dopo alcuni mesi di missione, nella zona delle colline Columbia Hills distanti circa 3 km dal suo punto di atterraggio, anche Spirit ha trovato sferette di ematite simili a quelle fotografate mesi prima da Opportunity nella parte opposta del pianeta (v. paragrafo seguente).

Meridiani Planum

Questa vastissima pianura, nella quale è atterrato il rover Opportunity, fu, un tempo, bagnata dall’acqua. Gli scienziati lo avevano sospettato sulla base delle immagini satellitari, ma recentemente il rover della Nasa ha fornito prove ancora più convincenti (v. anche prossimo paragrafo), per lo meno nella zona in cui è atterrato.
1) Ematite. Il suolo di Meridiani Planum, a differenza di quello del Cratere Gusev, contiene ematite grigia, un minerale costituito da ferro ossidato con una struttura chimica simile a quella della ruggine. L’ematite può trovarsi sotto diverse forme, e può originarsi nel corso di svariati processi chimici, ma l’ematite grigia trovata da Opportunity si ritiene che si formi esclusivamente in presenza di acqua.
2) Terreno finissimo. Il terreno è più scuro di quello di Gusev, per lo meno in superficie, e contiene polveri molto fini. Alcuni grani sono così fini che non si distinguono nemmeno con il microscopio.
3) Polveri lucide. Alcuni centimetri sotto lo strato superficiale rosso, scavando con le sue ruote, Opportunity ha trovato uno strato più lucido.
4) Bacche minerali. Nel terreno sono state trovati granelli di forma sferica o tondeggiante, una sorta di bacche minerali, di colore grigio, soprannominate anche “mirtilli” a causa della loro forma e delle loro dimensioni. Si trovano sia in superficie, sia a una decina di centimetri di profondità, sia nelle rocce circostanti (v. paragrafo seguente). Queste bacche minerali sono composte in gran parte da ematite e si ritiene che si siano formate insieme alle rocce, presumibilmente in alcune loro cavità, a causa della precipitazione di minerali disciolti nell’acqua. Opportunity ha trovato le sferette in più punti, sia nel cratere Eagle, nei pressi del quale era atterrato, sia nel cratere Endurence, che ha raggiunto in seguito.
Recentemente, inoltre, si è scoperto che sferette minerali simili a quelle marziane si trovano anche sulla Terra, e più precisamente in Utah, negli Stati Uniti. Queste ultime, però, non sono interamente composte da ematite e hanno dimensioni variabili, comprese tra 1 mm e 20 cm. Il loro processo di formazione è proprio quello che gli scienziati avevano ipotizzato per le sferette marziane: i minerali precipitano a causa di alcune reazioni chimiche e formano sferette stratificate.
5) Sali. Si ritiene che anche il suolo di Meridiani Planum, come quello del cratere Gusev, contenga sali che lo rendono compatto.
6) Polveri vulcaniche. In un punto del cratere Eagle, Opportunity ha rilevato la presenza di olivina, una roccia di tipo vulcanico che anche Spirit aveva rilevato nei pressi del suo luogo d'atterraggio, nel cratere Gusev.
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Le rocce: le prove di un antico mare

Rocce e pietre sono disseminate ovunque sulla superficie marziana. Nel cratere Gusev, dove si trova Spirit e dove si pensa che una volta ci fosse un lago, ci sono pietre piccole e frammentate, di origine vulcanica.
Le rocce più interessanti, però, sono quelle che affiorano dalla sabbia di Meridiani Planum, nella parte opposta del pianeta e in particolare nel cratere Eagle. «Un tempo, l'acqua fluiva fra queste rocce e ne ha cambiato la struttura e la composizione chimica» afferma Squyres. «Abbiamo così potuto decifrare le tracce che l'acqua ha lasciato con il suo passaggio».
Le analisi chimiche di Opportunity, infatti, hanno mostrato che queste rocce contengono elevate quantità di sali e furono, perciò, un tempo, sommerse in un mare o in una pozza d'acqua. Non solo: dallo studio della stratificazione di alcune di queste rocce, gli esperti hanno concluso che l'acqua qui presente era abbondante e fluiva dolcemente, creando un ambiente ospitale allo sviluppo della vita.

Cratere Gusev

Il paesaggio è simile a quello dell’Ares Vallis, esplorato nel 1997 dalla sonda Pathfinder e dal suo rover Sojourer, ma qui ci sono rocce più piccole.

Alcune rocce sono più spigolose, mentre altre sono più levigate. Gli scienziati non sono riusciti a spiegare queste caratteristiche in maniera soddisfacente: secondo alcune ipotesi, un meteorite potrebbe aver causato la frantumazione di alcune rocce, mentre, secondo altre ipotesi, l’acqua fu forse in qualche modo coinvolta nel processo che le ha rotte. Secondo alcuni esperti, per esempio, anche in Antartide ci sono molte rocce spezzate dai cicli di gelo e disgelo, o da altri fenomeni atmosferici che richiedono comunque la presenza di acqua allo stato liquido.
Alcuni scienziati sospettano che il sito fu, anticamente, sommerso dai detriti lasciati da improvvise inondazioni, ma pensano che l’acqua vi sia rimasta per periodi molto brevi su scala geologica. Un'altra ipotesi è che il cratere abbia ospitato, molto tempo fa, un antico lago, ma che poi sia stato ricoperto da una colata di lava.
In generale, infatti, Gusev è ricco soprattutto di rocce basaltiche, di tipo vulcanico, che saranno analizzate nei prossimi anni. In qualche punto, tuttavia, Spirit ha anche trovato sferette di ematite e rocce alterate, in antichità, dalla presenza d'acqua.
Pietra vulcanica.
Una delle prime pietre ad attirare l'attenzione del centro di controllo di Pasadena è stata una roccia piramidale detta Adirondack (dal nome di una catena di montagne nello Stato di New York, negli Usa). E' risultata di tipo basaltico (di origine vulcanica) come molte altre rocce della zona.
Tracce d’acqua.
In una roccia scura di tipo vulcanico chiamata “Humphry”, Spirit ha trovato piccole fratture che ospitavano materiale più brillante. Si pensa che si tratti di minerali che si sono cristallizzati nelle fessure in presenza di acqua (in piccole quantità), probabilmente nel corso di fenomeni vulcanici.
In un cratere chiamato Missoula, infine, il rover ha trovato rocce dotate di piccole cavità. Queste ultime si formarono, presumibilmente, a causa di piccole bolle di vapore presenti nella lava che diede origine alle rocce.
Bacche minerali. Ancora più recentemente, ai piedi delle Columbia Hills, Spirit ha fotografato una roccia (“pot of gold”) ricoperta da noduli che assomigliano alle bacche minerali trovate dal rover gemello Opportunity sul punto diametralmente opposto del pianeta.
Rocce "marcite". Nella stessa zona, sono presenti anche rocce che gli scienziati hanno chiamato “rotten rocks”, cioè rocce marcite, perché sono state paragonate a pane andato a male. Stranamente, queste rocce sembrano erose dall'interno, probabilmente dall'acqua, mentre sono intatte all'esterno.

Meridiani Planum: qui ci fu l’acqua (e la vita?)

In questa pianura, nella quale è atterrato il rover Opportunity, non ci sono sassi sparsi come quelli del cratere Gusev e dell'Ares Vallis.

Una serie di rocce affioranti dalla sabbia, in corrispondenza del cratere Eagle (nei pressi del luogo dell'atterraggio) però, ha subito attirato l'attenzione degli scienziati. La loro origine, infatti, è diversa da quelle delle altre rocce esaminate finora dai vari lander: Invece di essere di tipo vulcanico, queste rocce sono ricche di sali e sono rimaste a lungo immerse in acqua. Le possibilità, secondo gli scienziati, sono due: 1) o si sono formate in presenza d'acqua, per esempio in un mare o in un lago, 2) oppure si sono formate in altro modo e poi hanno subito profonde alterazioni proprio per il fatto di trovarsi nell'acqua.

Prova 1
. Solfati. Le rocce contengono enormi quantità di sali, soprattutto solfati, e ciò testimonia il fatto che si sono formate in un bacino d'acqua, poi evaporata.
Prova 2
. Jarosite. In particolare, è stata rilevata anche la presenza di jarosite, un solfato di ferro piuttosto raro (sulla Terra) che si forma esclusivamente in presenza di acqua.
Prova 3
. Bacche minerali. Le rocce contengono granelli minerali tondeggianti, simili a quelli che si trovano anche nel suolo circostante. Si pensa, infatti, che i granelli nel suolo provengano proprio dalle rocce e che si liberino a causa dell'azione erosiva del vento. Secondo le analisi, sarebbero composti in gran parte da ematite e l'ipotesi più plausibile è che si siano formati nelle rocce, a causa della precipitazione dei minerali contenuti nell'acqua che ricopriva il sito o che percolava tra le rocce.
Prova 4
. Taglietti. Le rocce sono butterate di taglietti lunghi circa 1 cm e spessi un paio di mm. Strutture di questo tipo, sulla Terra, si formano in acqua salata e contengono, inizialmente, cristalli di sale, che poi si sciolgono o sono erosi dal vento.
Prova 5
. Strati. La parte superiore delle rocce contiene fino al 40% di solfati, mentre la parte inferiore è ricca di bromuri, che sono più solubili dei solfati. Questa separazione è tipica dei minerali che si formano nel corso del processo di evaporazione di una pozza d'acqua o un lago: i minerali meno solubili si depositano prima, quelli più solubili poi.
Prova 6
. Ondulazioni. Le rocce sono anche stratificate. In alcune rocce, però, i vari strati non sono paralleli, ma ondulati, e tendono a incrociarsi. Secondo gli esperti, ciò dimostrerebbe che l'acqua presente nel luogo era abbondante e fluiva dolcemente a circa 1 km/h.

Sulla base di queste analisi, si pensa che in questa zona ci fosse una volta un mare o una pozza d'acqua, cioè un ambiente propizio allo sviluppo di semplici esseri viventi.
Non solo: le tracce di questi esseri viventi potrebbero essere rimaste intrappolate nelle rocce che si sono formate via via, per precipitazione dei minerali presenti nell’acqua: potrebbero trovarsi cristallizzate nelle sferette minerali, insomma.
Più recentemente, Opportunity ha lasciato il cratere Eagle, dove aveva fatto tutte le scoperte appena elencate, e ha esplorato altre zone del meridiani Planum, tra le quali una delle più interessanti è il cratere Endurance. Qui il rover ha effettuato diverse scoperte:
Sali. Le rocce sono composte in gran parte da sali, e in particolare solfati. Si ritiene perciò che siano state a lungo a contatto con l'acqua.
Bacche minerali. Le rocce contengono sferette di ematite simili a quelle del cratere Eagle, e si pensa che anche queste sferette si siano formate in presenza d'acqua.
Il mistero del cloro. Le rocce contengono cloro e la quantità di questo elemento aumenta con la profondità. Non e' stata ancora trovata una spiegazione di questa scoperta inaspettata.
Sassi piatti. Sono state trovate rocce piatte allineate, simili a creste, larghe mezzo centimetro e lunghe alcuni centimetri. Si ipotizza che siano state create in modo simile alle sferette, dalla deposizione di minerali all'interno di cavità presenti in altre rocce.

In conclusione, la missione di Opportunity si può considerare un successo, perché ha dimostrato il fatto che, in passato, molte zone di meridiani Planum furono sommerse dall'acqua, come ci si aspettava. nonostante questo, però, gli strumenti del rover non ci consentono di rispondere a tutte le domande. In particolare, rimangono aperti due importanti interrogativi:
Quando ci fu l’acqua, e per quanto tempo, su Meridiani Planum?
In quell’acqua, si sviluppò la vita?
La risposta a questi interrogativi potrà essere data soltanto dalle missioni future.
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I paesaggi: modellati dall’acqua?

I segni dell’acqua che in passato presumibilmente ricopriva Marte non si trovano soltanto nelle poche rocce esaminate da Opportunity, ma, secondo molti scienziati, si possono riscontrare anche nelle caratteristiche del paesaggio ripreso dalla sonde orbitanti come Mars Global Surveyor della Nasa e Mars Express dell’Esa.


Si tratta certamente di indizi meno stringenti di quelli raccolti da vicino dal rover della Nasa, e alcuni scienziati enfatizzano il fatto che non si tratta di prove certe. Nonostante tutto, però, l’opinione prevalente è che Marte sia stato ricoperto in passato, forse soltanto per un periodo relativamente breve, da fiumi, laghi e oceani. Oltre ai paesaggi apparentemente modellati dall’acqua, la superficie di Marte è molto variegata e ricca di panorami spettacolari. Questi paesaggi mostrano un pianeta oggi apparentemente morto, ma che in passato ebbe un’attività vulcanica senza paragoni sulla Terra.
Emisfero meridionale
: è composto in gran parte antichi altopiani butterati da crateri simili a quelli lunari. Non ci sono segni di attività geologica, come terremoti o vulcani.
Emisfero settentrionale: è composto da ampie pianure geologicamente più giovani e che testimoniano una storia più complessa. Al confine tra le due zone, c’è un brusco dislivello di alcuni chilometri, ma non si conosce l’origine di questa struttura. Si ritiene che oggi Marte sia geologicamente inattivo e che siano del tutto terminati i processi vulcanici e sismici.
Valles Marineris
: è un sistema di canyon lungo oltre 3 mila km, che può raggiungere la profondità di oltre 7 km. A differenza del Grand Canyon negli Stati Uniti (che è circa sette volte meno profondo), questa struttura non è stata scavata dall’acqua, ma si è originata in seguito a fenomeni geologici, presumibilmente movimenti tettonici, della crosta esterna (l’analogo della crosta terrestre).
Olympus Mons
: o Monte Olimpo, è il più grande vulcano del sistema solare. È tre volte più alto dell’Everest, s’innalza di ben 27 km rispetto al piano su cui poggia e ha una base larga 550 km.
Tharsis: rigonfiamento della superficie, alto 10 km e largo 4 mila km. Comprende tre grandi vulcani, poco più piccoli dell'Olympus Mons.
Hellas Planitia: cratere d’impatto, nell’emisfero meridionale, largo 2 mila km e profondo 6 km.
Sabbia e dune: su tutta la superficie marziana ci sono segni evidenti dell’erosione del vento. Sabbia, polveri e dune sono sparsi su tutto il pianeta.
Gullies:
sono gole e canaloni presenti ovunque sulla superficie marziana e che si trovano anche sulla Terra, dove sono originate dall’azione dell’acqua. Molti scienziati, perciò, ritengono che anche su Marte queste strutture si siano formate in condizioni analoghe, cioè in presenza di acqua liquida. Secondo alcuni studi, anzi, alcune di esse sarebbero relativamente recenti, e si sarebbero formate alcune centinaia di migliaia di anni fa a causa del lento scioglimento delle nevi durante le ere glaciali, creando un ambiente potenzialmente adatto allo sviluppo della vita. (http://www.msss.com/mars_images/moc/themes/GULLIES.html)
Canali: esistono tracce di canali che sembrerebbero essere stati scavati da flussi d’acqua.
Terrazzamenti:
alcuni pendii marziani mostrano pronunciati terrazzamenti, che potrebbero essere stati generati, in passato, dall’azione del vento o, più probabilmente, dell’acqua (sotto forma di laghi o mari).
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Il sottosuolo: è qui il ghiaccio scomparso?

La crosta superficiale del pianeta è spessa poche decine di chilometri, e si pensa che al suo interno ci siano un mantello di rocce fuse e un nucleo ferroso più denso. A differenza della crosta terrestre, però, quella marziana non è più caratterizzata da zolle tettoniche in movimento (anche se lo fu in passato), ma è costituita da un unico blocco simile alla buccia di un'arancia.
Si ritiene che, nello stato più superficiale, si nascondano grandi quantità di ghiaccio: sarebbe quel che rimane dell'acqua che presumibilmente abbondava in passato e sembra oggi scomparsa nel nulla. La sonda europea Mars Express, attualmente in orbita, è dotata di strumenti capaci di osservare la presenza di ghiaccio fino a qualche chilometro di profondità e dovrebbe fornirci importanti indicazioni in proposito.

Il nucleo

Si ritiene che il nucleo marziano abbia un raggio di circa 1.700 km e si pensa che sia più leggero di quello terrestre, perché conterrebbe, oltre al ferro, anche zolfo (nel nucleo terrestre c’è soltanto ferro).


Oltretutto, secondo un recente studio della Nasa, il ferro presente nel nucleo marziano sarebbe, almeno in parte, liquido. Per confronto, il nucleo terrestre è liquido nella sua parte esterna e solido all'interno, a causa dell'elevata pressione.

Il mantello

Come la Terra, anche Marte avrebbe al suo interno, tra la crosta esterna e il nucleo, una zona costituita da magma, cioè da rocce fuse. Si ritiene che il mantello marziano sia leggermente più denso di quello terrestre.

La crosta esterna… perché è rossa?

La crosta esterna è un po’ più spessa di quella terrestre ed è profonda alcune decine di km (80 km nell’emisfero meridionale e 35 km in quello settentrionale). Sulla Terra, però, la crosta è spezzettata in zolle tettoniche che, muovendosi, generano, terremoti, vulcani, dorsali oceaniche e catene montuose. La crosta terrestre è, insomma, simile a un gigantesco puzzle costituito da tessere giganti sempre in movimento. La crosta marziana, invece, non è divisa in placche ed è costituita da un unico blocco simile alla buccia di un’arancia. In realtà, si ritiene che in passato anche su Marte ci fosse attività tettonica, come dimostrano per esempio le immagini recenti della sonda Mars Express nella zona Acheron Fossae (a Nord della regione Tharsis): qui si notano corrugamenti nel terreno corrispondenti a faglie profonde fino a 1,7 km.
Da un punto di vista chimico, la superficie marziana è ricca di ossidi ferro. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che Marte è più piccolo della Terra. Più precisamente, secondo una ricerca pubblicata nel maggio 2004 dal fisico David Rubie e colleghi dell'università di Bayreuth, in Germania, le cose sarebbero andate nel modo seguente. Quando la Terra e Marte erano giovani, 4,5 miliardi di anni fa, avevano una composizione chimica simile e contenevano elevate quantità di ossidi di ferro. Sulla Terra, però, il magma si trovava in condizioni di maggior pressione e temperatura, perché la Terra era più grande di Marte e aveva una gravità maggiore. Qui, la temperatura superava i 3.200 °C, e ciò avrebbe fatto in modo che gli ossidi di ferro si scomponessero in ossigeno e ferro metallico. Quest'ultimo sarebbe poi sceso, per gravità, nel nucleo più interno, con un processo che sarebbe durato approssimativamente una trentina di milioni di anni. Su Marte, invece, la gravità era inferiore e quindi il magma non superò la temperatura di 2.200 °C. E, in tali condizioni, l'ossido di ferro sarebbe stato perfettamente stabile.

Il ghiaccio sotterraneo

Si ritiene che, nello stato più superficiale della crosta, probabilmente fino a qualche chilometro sotto la superficie, si nascondano grandi quantità di ghiaccio, che in passato si trovavano in superficie sotto forma d’acqua liquida e che siano in seguito sprofondate (un’altra ipotesi è che l’acqua che esisteva in passato, se c’era davvero, sia scappata della debole gravità marziana sotto forma di vapore e si sia dispersa nello spazio).

Negli anni passati, grandi quantità di ghiaccio sotterraneo, anche superiori al previsto, sono state trovate dalla sonda Mars Global Surveyor, che ha prodotto alcune cartine topografiche (www.lanl.gov/orgs/pa/News/MarsOdyssey.html). Queste misure, però, si sono spinte fino a solo un metro circa sotto la superficie. Per questo motivo, sono ora attese le misure della sonda dell’Esa Mars Express, in orbita dal gennaio 2004. I radar della Mars Express, infatti, possono cercare il ghiaccio fino ad alcuni chilometri sotto la superficie e potranno fornire pertanto informazioni molto importanti.
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I Poli: due tipi di ghiaccio

Marte ha due poli ricoperti da ghiacci perenni, simili a quelli terrestri. Oltre al ghiaccio normale, però, qui si trova anche “ghiaccio secco”, cioè anidride carbonica solida. In queste zone, infatti, fa tanto freddo che solidifica anche l’anidride carbonica che si trova nell’atmosfera solidifica. Ai poli, il ghiaccio d’acqua non si scioglie mai e la sua estensione non cambia con le stagioni dell’anno marziano. Il ghiaccio secco che lo ricopre, invece, può sublimare: evapora direttamente nell’atmosfera senza passare per lo stato liquido, così come fa pure sulla Terra. Per questo motivo, nel complesso, i ghiacci marziani si estendono d’inverno fino a latitudini inferiori e si ritirano d’estate.

Polo Nord

D’estate, il ghiaccio secco evapora completamente, lasciando soltanto il ghiaccio d’acqua. Il corrispondente rilascio di anidride carbonica modifica perfino la pressione atmosferica di tutto il pianeta. Le sonde Viking, negli anni settanta, hanno misurato variazioni del 25%.

Polo Sud

Qui lo strato di ghiaccio secco ricopre il ghiaccio d’acqua anche d’estate. Per questo motivo, fino a poco tempo fa, non si avevano prove dirette dell’esistenza di ghiaccio d’acqua in questa zona. Nel gennaio 2004, però, la sonda Mars Express dell’Esa ha fugato ogni dubbio, rilevando la presenza, al polo Sud, di ghiaccio e di vapore. Non solo. Successive analisi, più precise, sempre della Mars Express, hanno permesso di caratterizzare meglio la zona polare che è risultata molto ricca di ghiaccio e che si può suddividere in tre zone:
Una zona centrale
, corrispondente alla calotta polare, composta al 15% da ghiaccio e all’85% da ghiaccio secco.
Una zona circostante
, composta interamente da ghiaccio e caratterizzata da pendii molto ripidi.
Una terza zona
, forse la novità più interessante, composta da permafrost, cioè da un miscuglio di ghiaccio e terreno che si estende per decine di chilometri oltre le scarpate della seconda zona.

Ere glaciali

Le calotte polari hanno una struttura stratificata, nella quale sono presenti strati di ghiaccio e polveri scure. Non si sa molto bene quale sia la causa di questa struttura, ma uno studio recente (basato sulle missioni della Nasa Mars Global Surveyor e Mars Odyssey) ha concluso che la stratificazione è dovuta a un ciclo di ere glaciali paragonabili a quelle che avvengono anche sulla Terra. A differenza delle ere glaciali terrestri, però, quelle marziane sarebbero “invertite”. L’estensione dei poli, infatti, corrisponderebbe a periodi di riscaldamento globale: quando fa più caldo, il ghiaccio d’acqua sublima nell’atmosfera e può raggiungere le latitudini inferiori. L’ultima era glaciale sarebbe cominciata 2 milioni di anni fa e sarebbe terminata 400 mila anni fa, circa. Gli autori di questi studi sospettano che, durante uno di questi riscaldamenti globali, si sia potuto ottenere uno scioglimento dei ghiacci e si siano così create le condizioni che si ritengono necessarie allo sviluppo della vita (v. ultimo paragrafo).
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Il campo magnetico: tracce del passato

Pochi giorni dopo essere entrata in orbita marziana, la sonda della Nasa Mars Global Survayor ha scoperto che sul pianeta rosso ci sono vaste zone magnetiche, ma non un campo magnetico planetario simile a quello terrestre. Probabilmente, un tale campo magnetico ci fu in passato, ma oggi ne rimangono soltanto le tracce. Sulla Terra, l’esistenza del campo magnetico planetario è stata una condizione importantissima per lo sviluppo della vita, per lo meno nelle sue forme più evolute. Il campo magnetico terrestre, o campo geomagnetico, infatti, è una sorta di scudo nei confronti di molte radiazioni penetranti che ci raggiungono dallo spazio, e soprattutto dai protoni e dagli elettroni che costituiscono il vento solare. Se queste particelle giungessero indisturbate sulla superficie terrestre, infatti, danneggerebbero gli organismi viventi e i loro corredi genetici.
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L’atmosfera: il mistero del metano

L'aria marziana è rossa, a causa della presenza di polveri rosse, e molto rarefatta. La pressione, che cambia con il tempo e dipende anche dal luogo, è circa da cento a mille volte inferiore a quella terrestre. Nonostante ciò, sul pianeta rosso si muovono spesso forti venti e si scatenano perfino tempeste globali - sconosciute sulla Terra - che possono avvolgere tutto il pianeta di sabbia per mesi.
L'aspetto più affascinante dell'atmosfera marziana, però, è la sua composizione chimica. Recentemente, infatti, gli scienziati hanno rilevato la presenza di piccole quantità di metano, un gas che può essere prodotto da fenomeni vulcanici (finora ritenuti assenti) o da organismi viventi.

Composizione chimica

L'atmosfera è composta in gran parte da anidride carbonica (95,3%), più azoto (2,7%), argon (1,6%), ossigeno (0,15%), vapore acqueo (0,03%) e altri gas meno importanti. Tra questi ultimi, c'è anche il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), che è stato rilevato recentemente, per la prima volta su un pianeta diverso dal nostro.

Vapore e ozono

Appena entrata in orbita marziana, la sonda Mars Express ha subito analizzato l’atmosfera. I suoi strumenti hanno misurato, tra l’altro, la presenza di vapore e ozono nell’atmosfera, e hanno osservato che dove c’è meno ozono, c’è più vapore acqueo. Più recentemente, la Mars Express ha anche trovato maggiori concentrazioni di gas metano in corrispondenza delle zone più ricche di vapore.

Effetto serra

L'atmosfera marziana è troppo tenue perché possa esserci un effetto serra simile a quello che si verifica sulla Terra e, in misura ancora maggiore, su Venere. Perché? Per due motivi principali:
- Non ci sono oggi fenomeni vulcanici che rilasciano nell'atmosfera gas serra come l'anidride carbonica. Si ritiene, però, che, in passato, quando il pianeta era geologicamente attivo, avesse anche un'atmosfera più spessa e una temperatura più mite.
- La gravità di Marte è debole, circa un terzo di quella terrestre. Per questo motivo, le molecole e gli atomi di gas che si trovano nell'atmosfera tendono a sfuggire nello spazio.
In assenza di un effetto serra che lo riscaldi, Marte è un pianeta freddo, con una temperatura media attorno a ­60 °C. più bassa di quella che avrebbe la Terra (grazie all'effetto serra, appunto) se si trovasse alla stessa distanza dal Sole. Per lo stesso motivo, la superficie marziana è caratterizzata da fortissime escursioni termiche: la differenza di temperatura tra notte e giorno, infatti, supera spesso i cento gradi. Non solo: anche nella stessa ora del giorno, la temperatura dell'atmosfera può variare molto da punto a punto, per esempio tra zone assolate e zone in ombra. Quest'ultimo fenomeno è dovuto più che altro al fatto che l'atmosfera è molto rarefatta e conduce molto male il calore.

Nuvole

Anche se l'aria marziana contiene circa un millesimo del vapore presente nell'atmosfera terrestre, questa piccola quantità è sufficiente a generare nubi e nebbie. Su Marte, però, oltre alle nuvole di vapore acqueo (composte da microcristalli di ghiaccio) ci sono anche nubi di anidride carbonica (composte da microcristalli di ghiaccio secco). Si possono distinguere quattro tipi principali di nubi:
- Nubi di cristalli di ghiaccio secco (anidride carbonica solida).
- Nubi simili a cirri, composte da cristalli di ghiaccio.
- Nubi giallastre, costituite da polveri sollevate dai venti.
- Nebbie d'alta quota.

Diavoli e tempeste

Nonostante sia estremamente tenue, l'atmosfera marziana è in grado di sostenere violenti fenomeni atmosferici.


- Dust devil: sono mulinelli d'aria simili a piccoli tornado, sottili, ma alti fino a 8 km, che spesso lasciano tracce filiformi del loro passaggio sulla superficie del pianeta. Sono paragonabili ai vortici di polvere che si formano nelle aree desertiche anche sulla Terra (e che si chiamano anch'essi dust devil), ma sono più alti e sottili.
Secondo un recente studio della Nasa, effettuato in Arizona e Nevada (negli Usa), inoltre, questi mulinelli di polvere potrebbero generare intensi campi elettrici e magnetici, dei quali bisognerebbe tenere conto soprattutto in vista delle eventuali future missioni spaziali.
- Tempeste globali di sabbia: si verificano nei cambi di stagione e avvolgono tutto il pianeta di polveri rosse per settimane, talvolta anche mesi.

Il mistero del metano: tracce di vita?

La novità più importante, però, è stata la scoperta della presenza di metano nell'aria marziana, anche se in quantità minime (dieci parti per miliardo). Questa scoperta, effettuata nella primavera del 2004 da telescopi terrestri e confermata dalla sonda europea Mars Express, è molto importante perché il metano è un gas instabile e non può esistere nell'atmosfera marziana per più di 400 anni.
Il metano che è stato osservato, insomma, si è generato recentemente. E continua, presumibilmente, a formarsi.
Nei mesi successivi, gli scienziati hanno cercato di determinare le sorgenti di questo gas. Nel luglio 2004, inoltre, due telescopi terrestri (a Cerro Pachon, in Cile, e a Mauna Kea, nelle Hawaii) hanno osservato quantità di metano più elevate in corrispondenza dell'equatore marziano. Nel settembre dello stesso anno, l'Esa ha ulteriormente focalizzato le zone più ricche di metano: Arabia Terra, Elysium Planum e Arcadia-Mnemonia. Queste zone, oltretutto, sono relativamente ricche di vapore acqueo e si trovano sopra aree ricche di ghiaccio sotterraneo (anche se non è ancora chiaro il legame tra questi fattori). Una delle zone più ricche di metano, oltretutto, è nei pressi di Meridiani Planum, dove si trova Opportunity. Il robot, però, purtroppo, non è attrezzato per questo tipo di misure.
Il metano presente nell'atmosfera marziana, dunque, deve essere prodotto da qualche processo chimico ancora attivo sul pianeta e di cui non si sospettava l'esistenza. Secondo gli scienziati, ci sono due sole possibilità, entrambe molto importanti:
1) Fenomeni di tipo vulcanico. Questa ipotesi è importante, perché finora si riteneva che Marte non fosse geologicamente attivo. Tuttavia, le piccolissime quantità di metano rilevate potrebbero forse essere il residuo di quella che fu l'attività del vulcano Olympus Mons, per esempio, che si spense circa cento milioni di anni fa. Il vulcano, insomma, anche se ormai è spento, continuerebbe a emettere un po' di questo gas.
2) Una cometa antica. Il metano potrebbe anche essere stato portato su Marte da una cometa o un altro oggetto celeste. Non ci sono, però, segni di un impatto di questo tipo negli ultimi secoli, per cui quest'ipotesi appare poco plausibile.
3) Forme di vita come i batteri. Questa seconda ipotesi si basa sul fatto che, sulla Terra, il metano è prodotto nel corso di processi di metabolismo che si svolgono in ambiente anaerobico, cioè privo di ossigeno, come per esempio avviene nello stomaco dei ruminanti o nelle paludi. È possibile, quindi, che la stessa cosa avvenga su Marte, a causa di organismi che vivono nel sottosuolo.
4) Calore sotterraneo. Il metano potrebbe anche essere stato generato da microrganismi che vissero in un lontano passato (oppure da una cometa o da un altro processo). E potrebbe poi essere rimasto bloccato nel ghiaccio sotterraneo. Se ciò fosse vero, il metano che oggi osserviamo nell'atmosfera potrebbe essere rilasciato dal sottosuolo, in qualche punto più caldo.
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La vita: l’enigma più affascinante

C'è vita su Marte? In caso contrario, c'è stata vita in passato? Non esiste ancora una risposta a queste domande, che però sono anche quelle che più ci appassionano. Non esistono prove certe, dunque, ma ci sono alcuni indizi e molti fattori che è comunque interessante tenere in considerazione.

Somiglianza con la Terra

Marte è il pianeta noto più simile alla Terra. Quattro miliardi d'anni fa circa, quando il sistema solare era ancora giovane, questi pianeti erano ancora più simili. Marte, infatti, era più giovane e caldo, vulcanicamente attivo e dotato di un'atmosfera più densa. Quest'ultima era ricca di anidride carbonica, e quindi di gas serra che contribuivano a trattenere il calore solare e ad aumentare la temperatura superficiale. È molto probabile che ci fossero anche fiumi, laghi e nuvole. Si pensa che Marte, allora, fosse più abitabile della Terra stessa, che era probabilmente troppo rovente.

Segni di acqua liquida

Nei paesaggi marziani si distinguono caratteristiche che sembrerebbero dovute all'azione erosiva dell'acqua, o alla deposizione di materiali presenti nell'acqua. Sembrerebbe, insomma, che su Marte ci siano state, in passato, abbondanti quantità di acqua - sotto forma di laghi, mari e fiumi - che crearono un ambiente favorevole allo sviluppo della vita.

Vita estrema sulla Terra

Il fatto che Marte sia oggi un luogo molto freddo e asciutto non esclude che possa ospitare la vita. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che, sulla Terra, c'è vita anche in condizioni molto ostili, come l'aridissimo deserto di Atacama, in Cile, l'Antartide e le roventi sorgenti idrotermali oceaniche.
Su Marte, quindi, la vita, se c'è, sarebbe presumibilmente nata in passato, in presenza di acqua liquida, e si sarebbe conservata fino ad oggi.

Venti tonnellate di batteri

Come spiegato nella sezione precedente (atmosfera), recentemente è stata rilevata la presenza di metano nell'atmosfera marziana. A produrre questo gas potrebbero essere varie cause, come abbiamo visto, tra cui eventuali microrganismi che vivrebbero ancora oggi nel sottosuolo.
Secondo Vladimir Krasnopolsky, uno scienziato della Catholic University of America (Usa), il metano osservato dai nostri strumenti sarebbe generato da circa 20 tonnellate di batteri che vivono nel sottosuolo marziano (assumendo che si tratti di batteri simili a quelli terrestri). Quest'ipotesi, però, è controversa.

Meteoriti

Nel 1996, alcuni scienziati della Nasa annunciarono di aver trovato, all'interno del meteorite marziano ALH84001, alcune tracce lasciate da semplici forme di vita. Più precisamente, si sarebbe trattato di strutture tubulari, che assomigliavano a bachi, che secondo gli scienziati sarebbero state formate da batteri.
Lo studio, però, è molto controverso e, oggi, gran parte degli scienziati ritiene che le strutture filiformi si siano formate nel corso di processi che non coinvolgono esseri viventi.

Esperimenti delle missioni Viking

Nel 1976, due esperimenti per la ricerca della vita sul suolo marziano a bordo delle sonde Viking diedero risultati contrastanti (v. Focus 130).
Un esperimento che cercava la presenza di molecole organiche (necessarie alla vita) diede esito negativo. Questo esperimento si chiamava Gcms (Gas chromatograph mass-spectrometer).
Un altro esperimento, detto LR (da Labeled Release, in italiano: “rilascio di anidride carbonica marcata”), invece, diede esito positivo. Cioè compatibile con la presenza di forme di vita.
L’esperimento LR consisteva nel prendere un campione di suolo marziano e di spruzzarlo con acqua e sostanze nutrienti opportunamente “marcate” (con carbonio radioattivo). Eventuali esseri viventi presenti nel suolo avrebbero mangiato e digerito queste sostanze, ed emesso gas e altre sostanze anch’esse marcate. Come preannunciato, l’esperimento diede esito positivo: sembrava che il suolo “digerisse” le sostanze nutrienti. Alla fine, la conclusione ufficiale dei due esperimenti fu che il suolo marziano conterrebbe sostanze altamente “ossidanti”, capaci cioè di attivare reazioni chimiche di ossidazione. Queste ultime sarebbero, al contempo, letali per ogni forma di vita (per spiegare l’esperimento Gcms) e capaci di simulare la presenza di reazioni biologiche (per spiegare l’esperimento LR).

Revisione degli esperimenti dei Viking

Recentemente, sulla base di nuovi studi e approfondimenti, le spiegazioni ufficiali sono state rimesse in dubbio da alcuni scienziati (tra cui Gil Levin, ideatore dell’esperimento LR, e Joseph Miller, neurobiologo all’Università della California, negli Usa). I nuovi risultati emersi sono:
- Le sostanze rilasciate nel corso dell’esperimento LR seguivano un ciclo legato al giorno marziano: erano di più di giorno che di notte. Questa caratteristica, detta ciclo circadiano, è propria degli esseri viventi e rafforza l’ipotesi che sul suolo esaminato ci fossero veramente forme di vita.
- La seconda considerazione è che l’assenza di materiale organico rilevata dall’esperimento Gcms non poteva essere considerata una prova conclusiva. Gli strumenti a disposizione, infatti, non erano abbastanza accurati per rilevare piccole quantità di esseri viventi. Si è visto, infatti, che le misure degli strumenti del Viking avrebbero dato esito negativo anche in ambienti, come l’aridissimo deserto di Atacama in Cile, dove invece la vita c’è, anche se in quantità ridotta.

Sarà mai possibile avere la prova definitiva dell’esistenza della vita su Marte? Certamente. Sempre che su Marte ci sia veramente la vita. L’occasione migliore, comunque, l’avremo tra qualche anno, se avranno successo le missioni in programma di un viaggio di andata e ritorno (la prima è prevista per il 2014).
Potremo, così, mandare i nostri rover a raccogliere campioni di suolo marziano da riportare da noi, sulla Terra, per analisi più approfondite. Tra gli oggetti che sarebbe interessante esaminare nei nostri laboratori, per esempio, ci sono proprio le bacche minerali recentemente scoperte dal rover Opportunity. Come suggerisce lo stesso Steve Squyres, responsabile delle missioni dei rover Spirit e Opportunity, infatti, se è vero che queste palline si sono formate dal lento accumularsi (per via del fenomeno della precipitazione) dei minerali disciolti nell’acqua, allora è molto probabile che le bacche abbiano intrappolato al loro interno le prove dell’eventuale esistenza di vita nell’antica acqua marziana. Proprio nelle bacche minerali recentemente scoperte da Opportunity, insomma, potrebbe essere custodito il segreto dell’antica vita marziana.
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Link

Nineplanets: Un'ottima presentazione di tutti i pianeti del sistema solare.
Missione Mer: Le ultime foto e notizie dai due Rover a spasso su Marte
Missione Mgs: Il sito del Mars Global Surveyor della Nasa.
Missioni Nasa: La porta d'entrata per tutti i siti Nasa relativi alle missioni marziane
Mars Express: Le ultime notizie sulla missione dell'Esa.
Mappa 3D: La prima mappa a tre dimensioni del suolo marziano.
Mappa del ghiaccio: Dove si trova il ghiaccio? Un sito per scoprirlo.
Superficie di Marte: Le foto delle sonde Viking.

I siti sono tutti in lingua inglese.
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24 marzo 2004
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