Pensare di dare un nome a tutte le stelle del cielo è un compito improbo, un po' come contare i granelli di sabbia di una spiaggia, ma da qualche parte bisogna pure cominciare. Per questo motivo l'Unione Astronomica Internazionale (IAU), il massimo organismo mondiale dell'astronomia, ha istituito una apposita commissione, il Working Group on Star Names (WGSN, gruppo di lavoro sui nomi delle stelle). Il primo risultato del lavoro dei suoi otto membri, tutti importanti scienziati, assurti al ruolo di semidèi (perché possono decidere per sempre che cosa sta in cielo e cosa no), è una lista di 227 nomi ufficiali (al momento in cui scriviamo).
Decidiamoci. Nessuno però vuole sconvolgere l'ordine della volta stellata, che deriva da millenni di tradizioni. Lo scopo è quello di ufficializzare i nomi delle stelle già in uso o di scegliere, tra le alternative che lo stesso astro ha in base a tradizioni differenti, quella che potrà (e dovrebbe) essere usata senza il pericolo di fraintendimenti. In più, il WGSN deve sancire quale sia la dizione corretta tra le diverse più o meno in uso: per esempio, la stella più brillante del Pesce Australe, Fomalhaut, è stata indicata in passato anche come Fomahandt, Fomahant, Fomal'gaut, Fomal'khaut e altre varianti.
Così, in questo primo elenco troviamo stelle superfamose come Sirio (nel Cane Maggiore, la più brillante del cielo) e Proxima Centauri, la più vicina a noi (attorno alla quale è stato di recente trovato un pianeta), e anche la splendente Deneb (Cigno), Castore e Polluce, i due gemelli celesti, e gli astri più brillanti di Orione: Betelgeuse, Bellatrix e Rigel. E anche stelle meno note, come Tegmine (nel Cancro), Kurhah (Cefeo) o Ankaa (Fenice). Nella lista c'è anche la stella Polare, che d'ora in avanti dovremo abituarci a chiamare Polaris, come già fanno gli anglosassoni. Sottolinea Piero Benvenuti, astronomo all'Università di Padova e Segretario generale IAU: «Non abbiamo inventato nomi nuovi, abbiamo solo reso ufficiali quelli che da tempo immemorabile astronomi di varie tradizioni e civiltà avevano assegnato alle stelle più luminose».
Lettere e genitivi. Nel corso dei secoli, battezzare le stelle è sempre stato un problema. Quelle più luminose hanno a poco a poco assunto nomi propri, ma spesso la stessa stella aveva più nomi, appunto a seconda delle tradizioni e dei popoli: Deneb, nel Cigno, a volte è comparsa anche sotto le spoglie di Arided, Aridif, Gallina, Arrioph. Nel 1603, il tedesco Johann Bayer, avvocato e cartografo, propose un nuovo metodo di nomenclatura: per ogni costellazione, andando in ordine di luminosità decrescente, le stelle erano indicate con le lettere dell'alfabeto greco e il genitivo latino della costellazione stessa.
Per esempio, Deneb è anche Alfa Cygni (Alfa, quindi la stella più brillante, del Cigno), Bellatrix è Gamma Orionis, Algol è Beta Persei e così via. Il sistema di Bayer, ancora oggi in uso, presenta però dei problemi: il principale è che le lettere greche sono solo 24, mentre le stelle di una costellazione, anche solo quelle visibili a occhio nudo, spesso molte di più.
E poi le sigle. Più recentemente, con l'avvento di telescopi sempre più potenti, il numero delle stelle osservabili è salito in modo esponenziale e il catalogo si è rapidamente riempito di numeri e sigle: soluzione pratica, ma decisamente poco evocativa. Per esempio, restando sempre su Deneb, negli articoli scientifici può comparire come HR 7924, BD +44°3541, HD 197345, SAO 49941, HIP 102098 e altre varianti. Queste sigle non saranno abolite, ma se una stella si trova nella lista definitiva dalla IAU, la raccomandazione è che sia indicata con il suo nome proprio.
Nel suo documento sulle linee guida utilizzate per la nomenclatura stellare (pdf in inglese), la IAU ricorda i criteri utilizzati per questo lavoro: per esempio, che i nomi non siano offensivi, che siano pronunciabili almeno in alcune lingue, che possibilmente siano brevi e, soprattutto, che preservino il patrimonio culturale della storia dell'astronomia. Vietati i nomi di animali domestici o di natura commerciale (per fortuna), e vietati anche i nomi di persone, tranne alcuni rarissimi casi storici che sono stati mantenuti: è il caso, per esempio, delle stelle Sualocin e Rotanev (rispettivamente Alfa e Beta della costellazione del Cigno). I due nomi, attribuiti nel 1814, sono la versione latinizzata e scritta al contrario di Nicolò Cacciatore (Nicolaus Venator), assistente dell'astronomo Giuseppe Piazzi.
Il lavoro del Working Group on Star Names continuerà analizzando stelle via via più deboli, presumibilmente per molto, molto tempo, considerato che il telescopio spaziale Gaia (ESA), che sta compilando la più completa mappa 3D del cielo mai realizzata, ha già catalogato oltre un miliardo di oggetti celesti, la maggior parte dei quali sono proprio stelle.