Spazio

I lombrichi possono vivere e riprodursi anche nel terreno marziano

O almeno lo fanno nei campioni di terreno simile a quello presente sul Pianeta Rosso, creati dalla Nasa. È una scoperta importante: queste creature convertono la materia vegetale in nutrienti.

Buone notizie per i futuri agricoltori marziani: la composizione del suolo del Pianeta Rosso non impedisce ai lombrichi di vivere, lavorare e riprodursi - se gli analoghi di terreno marziano creati sulla Terra sono simili all'originale.

I biologi della Wageningen University & Research in Olanda hanno aggiunto rucola, letame e lombrichi ad alcuni campioni di suolo, inclusa una riproduzione il più fedele possibile di quello marziano creata dalla Nasa. Questo analogo di suolo marziano è un importante strumento di ricerca sviluppato a partire dai dati di rover e orbiter: testare le condizioni di crescita di piante e animali al suo interno è importante, per il futuro della sopravvivenza umana sul Pianeta Rosso. Il termine terreno è di per sé improprio, perché sulla Terra questo è composto di materia organica: ma è un modo per distinguerlo dalle regoliti delle rocce marziane.

I rischi. Su Marte gli agenti erosivi sono limitati rispetto alla Terra, e i granelli di suolo, meno levigati, potrebbero lesionare i lombrichi. Questi invertebrati svolgono i compiti fondamentali di degradare i resti di piante, trasformandoli in materia organica, e di smuovere il suolo creando gallerie.

L'ingrediente segreto. L'aggiunta di concime all'analogo di suolo marziano ne ha stimolato la crescita (ma su Marte potrebbe dare altri problemi: leggi qui). I lombrichi sono parsi molto attivi e si sono persino riprodotti per una generazione. Precedenti lavori dello stesso team avevano dimostrato che in questo suolo si possono coltivare vegetali sicuri da mangiare, nonostante le alte percentuali di metalli.

La strada per l'agricoltura marziana è ancora ricca di ostacoli - come garantire irrigazione e illuminazione, o schermare il suolo dalle radiazioni - ma la scoperta, in attesa di pubblicazione scientifica, è un passo in avanti.

29 novembre 2017 Elisabetta Intini
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