Lo sforzo congiunto di Hubble e Spitzer ha permesso di studiare per la prima volta nel dettaglio l'atmosfera di 10 esopianeti gioviani caldi, giganti gassosi molto vicini alla propria stella e pertanto difficili da osservare con attenzione.
C'è, ma non si vede. Lo studio pubblicato su Nature ha dato risposta a una domanda che da tempo tormentava gli astronomi: e cioè per quale motivo su molti di questi mondi extrasolari non si trovasse traccia d'acqua, indispensabile per la loro formazione. Per i ricercatori dell'Università di Exeter (Gran Bretagna) che hanno coordinato il lavoro, la presenza d'acqua sugli alter ego, apparentemente asciutti, di Giove è semplicemente celata da nuvole e foschia atmosferica.
Gioco di squadra. I gioviani caldi sono pianeti gassosi che orbitano in prossimità del proprio astro: è proprio il bagliore delle stelle madri a confondere le osservazioni. Finora, Hubble ne aveva studiati nel dettaglio soltanto tre, trovando molta meno acqua di quanto stimato. Ed è qui che entra in gioco Kepler. «Per la prima volta abbiamo avuto una copertura di lunghezze d'onda sufficiente a comparare le diverse caratteristiche tra un pianeta e l'altro» dice David Sing, primo autore.
Una coperta di nebbia. Quando un esopianeta transita davanti alla sua stella, la sua atmosfera lascia sulla luce dell'astro un'"impronta" unica, che rivela le caratteristiche chimiche e le componenti della sua atmosfera. Studiandola, gli scienziati hanno dedotto le molecole essenziali (incluse quelle d'acqua) delle varie atmosfere, distinguendo tra mondi nuvolosi o privi di nuvole. Si è visto così che le atmosfere dei gioviani caldi apparentemente privi d'acqua presentavano nuvole e foschia, che possono nascondere l'acqua alla vista.
«L'alternativa sarebbe stata che questi pianeti si fossero formati in un ambiente privo d'acqua» continua Sing. «Uno scenario "asciutto" che ci avrebbe costretto a ripensare completamente le attuali teorie sulla nascita dei pianeti».