Sono passati circa sei mesi dall'annuncio che il telescopio Keck delle Hawaii aveva trovato la galassia più lontana mai rilevata, a 13,2 miliardi di anni luce dalla Terra: EGSY8p7, a qualcosa come 600 milioni di anni dal Big Bang.
Adesso però ricercatori degli Stati Uniti che utilizzano il telescopio spaziale Hubble hanno spostato ancora più in là l’asticella del record: è stata trovata una galassia a 13,5 miliardi di anni luce da noi: GN-Z11, una galassia che si è formata dopo 300-400 milioni di anni dalla nascita dell’Universo.
La scoperta ha sorpreso gli stessi ricercatori, che non si aspettavano di trovare con Hubble un agglomerato così lontano, in quanto le galassie di quel periodo sono piccole. Per questo tipo di osservazioni ci sono maggiori aspettative per quando sarà operativo il telescopio James Webb, che dovrebbe essere lanciato nel 2018.
Perché è così difficile penetrare così lontano nello spazio (e nel tempo)? Per realizzare queste osservazioni bisogna puntare l’occhio dei grandi telescopi per ore ed ore in una singola porzione di cielo, in attesa che la luce di oggetti lontanissimi venga colta in quantità sufficiente da poter essere osservata.


Ricerche di questo tipo possono essere realizzate solo con i più potenti telescopi terrestri, con diametro da 8 metri in su, come il Keck delle Hawai o il VLT del Cile, ad esempio. Oppure con i telescopi spaziali, che pur essendo più piccoli in diametro non subiscono l'effetto filtro dell'atmosfera.
Le grandi macchine. Questo tipo di ricerca si propone di osservare e studiare le prime stelle nate, composte unicamente da idrogeno ed elio, gli elementi che si formarono per primi dopo il Big Bang. Dalla morte di quelle stelle si formarono tutti gli elementi che oggi costituiscono l’Universo.
È per questo che la vita e la morte delle stelle delle galassie più antiche ha un’importanza unica. Tuttavia nessun telescopio ci permetterà di arrivare fino al Big Bang, neppure aumentandone a dismisura la potenza, perché avvicinandosi sempre più all’inizio del tutto non c’erano neanche le stelle (perciò nessuna "luce" da osservare), ma solo gli elementi primordiali.
Perciò sono state costruite macchine come l’LHC del Cern, che permettono di studiare il comportamento delle particelle che permeavano l’Universo appena nato: lì non si ottengono immagini di tempi e luoghi lontanissimi, ma si ricostruiscono le condizioni che c’erano subito dopo il Big Bang e che portarono alla formazione delle prime stelle.