Spazio

Fosfina nelle nuvole di Venere: una firma chimica compatibile con la vita?

Nell'atmosfera di Venere sono state trovate concentrazioni di un gas la cui abbondanza non è spiegabile con i processi geologici e chimici conosciuti.

Abbondanti concentrazioni di fosfina (PH3), un gas che sulla Terra è prodotto prevalentemente da organismi biologici anaerobici (che non richiedono, cioè, la presenza di ossigeno per il proprio metabolismo) sono state rilevate nell'atmosfera di Venere. A darne notizia è un articolo pubblicato su Nature Astronomy: in una regione delle nubi di Venere compresa tra i 53 e i 62 km dalla superficie, i telescopi James Clerk Maxwell e ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) hanno individuato la firma chimica di questo composto in due campagne di osservazioni condotte nel 2017 e nel 2019.

In molti, nelle ore che hanno preceduto la scadenza dell'embargo della notizia, hanno accolto quel che filtrava dalle fonti più informate come un possibile indizio della presenza di forme di vita nell'ostile atmosfera venusiana. Ma gli scienziati del MIT e delle Università di Cardiff e di Cambridge, che hanno firmato la ricerca, non sembrano di questo avviso. La presenza di fosfina - dicono - non sarebbe una prova solida della presenza di microrganismi, ma indica piuttosto che su Venere «sono in corso processi chimici o geologici potenzialmente sconosciuti».

Produzione industriale. La regione dell'atmosfera in cui è stata rilevata la fosfina, in una concentrazione pari a 20 parti per miliardo, è considerata la meno inospitale dell'atmosfera di Venere, perché ha temperature comprese tra i 30 e gli 80 °C; dettaglio non trascurabile, quella fascia è comunque estremamente acida, come il resto dell'involucro gassoso del pianeta, tanto che in quelle condizioni la fosfina dovrebbe degradarsi molto rapidamente. Perché allora risulta così ben visibile?

Sulla Terra, la fosfina è prodotta sia da microrganismi che vivono in assenza di ossigeno, sia da processi industriali. Fuori dal nostro pianeta era stata finora osservata soltanto nelle atmosfere roventi di alcuni pianeti gassosi come Giove o Saturno, o di alcune stelle, ma mai prima d'ora in un altro pianeta roccioso. Una volta creata, la fosfina viene degradata da una serie di reazioni chimiche con ossigeno, idrogeno e radiazioni ultraviolette: senza una fonte che la genera a ciclo continuo, dovrebbe gradualmente sparire.

Venere nell'obiettivo della sonda Pioneer, nel 1978. © NASA / JPL / Caltech

In cerca di spiegazioni. Ecco perché gli autori dello studio hanno passato in rassegna qualunque processo chimico o geologico noto che possa dare ragione della presenza del composto, dai fenomeni che interessano la superficie, come l'impatto di micrometeoriti, i fulmini, i vulcani, l'affioramento di minerali in superficie, a quelli che riguardano l'atmosfera come gli effetti della luce solare o qualche processo chimico in corso nelle nuvole.

Finora però non è stato possibile determinare la fonte delle quantità di gas rintracciate.

Per Paul Rimmer, astrochimico dell'Università di Cambridge tra gli autori dello studio, gli organismi anaerobici terrestri dovrebbero lavorare al 10% della loro massima produttività, per produrre le concentrazioni di fosfina osservate nell'atmosfera di Venere. Siccome le nubi del pianeta sono praticamente prive di ossigeno, l'ipotesi che quella osservata possa essere una possibile firma di una qualche forma di vita primordiale è certamente molto suggestiva. Tuttavia, la spiegazione più probabile sostenuta dai ricercatori - quella di un processo chimico o geologico non conosciuto - non è certo meno interessante: «Abbiamo davvero indagato ogni possibile processo che potrebbe produrre fosfina su un pianeta roccioso - ha detto Janusz J. Petkowski, tra gli autori - se questa non è vita, allora la nostra comprensione dei pianeti rocciosi è seriamente carente».

Appena all'inizio. Il team ha in programma nuove osservazioni con altri telescopi per capire, per esempio, se la firma chimica della fosfina sia associata a quella di altri gas o se i suoi livelli subiscano alterazioni nel corso del giorno o delle stagioni. Benché ancora lontana e tutta da provare, l'ipotesi di una possibile presenza di microrganismi nell'atmosfera di Venere non è nuova: lo stesso Carl Sagan, astronomo e co-fondatore del SETI, l'aveva avanzata già nel 1967. Inoltre, sembra ormai consolidata l'ipotesi della passata presenza di oceani su Venere, prima che nella sua atmosfera si innescasse un impressionante effetto serra.

Data la natura estremamente acida delle nubi venusiane, se anche vita vi fosse sarebbe comunque molto lontana dalle forme che conosciamo. La ristretta zona di nuvole in cui è stata osservata la fosfina potrebbe indicare che anche negli esopianeti considerati ai limiti della fascia di abitabilità potrebbero essere cercate tracce chimiche compatibili con la vita.

14 settembre 2020 Elisabetta Intini
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