Spazio

ExoMars, il dietro le quinte di un'eccellenza italiana

Le prossime fasi, i principali timori, gli esperimenti e le loro future applicazioni: il racconto di una delle più importanti missioni dell'ESA, che farà atterrare l'Italia su Marte.

Per tirare il fiato aspetteranno le 22:28 di questa sera, quando le varie fasi post lancio saranno completate e l'orbiter di ExoMars avrà dispiegato i suoi pannelli solari, dell'apetura alare di 17 metri. Ma intanto i tecnici di ESA, ASI e Thales Alenia Space, la società che ha prodotto la maggior parte delle componenti per la prima missione europea a toccare il suolo marziano, hanno superato il primo scoglio della missione: il lancio con il Proton-M, un razzo adatto ai carichi pesanti ma dalle prestazioni non sempre impeccabili.

Il lancio e la meta. Il TGO (Trace Gas Orbiter, che resterà a 400 km dalla superficie del Pianeta Rosso) e il modulo di discesa EDM (Entry, Descent and Landing Demonstrator Module) sono partiti stamattina dal cosmodromo di Baikonur (in Kazakistan), in una giornata grigia che non ha permesso di seguire il vettore con lo sguardo al di là delle nubi.

L'arrivo in orbita marziana è previsto per il 19 ottobre, tra sette mesi, e a quel punto inizierà la sfida più ardua: far "ammartare" il lander Schiaparelli che affronterà la rarefatta atmosfera marziana per atterrare, si spera in modo controllato, nella regione di Meridiani Planum, la stessa del rover NASA Opportunity.

Siamo solo all'inizio. «Dovremo trattenere il respiro anche quando la sonda Schiaparelli intercetterà l'atmosfera marziana - ricorda Roberto Vittori, ufficiale dell'Aeronautica Militare e astronauta dell'Agenzia Spaziale Europea - non è un aspetto da trascurare, dal punto di vista operativo comporta difficoltà che ci trasciniamo dall'era degli Shuttle».

Impatto complesso. L'esperienza di ammartaggio di Schiaparelli sarà fondamentale per studiare le discese delle future astronavi marziane. «Il lancio con la Soyuz è molto simile al lancio che abbiamo visto oggi» ci spiega Vittori. «Dall'esterno si vedono fiamme, ma per gli astronauti all'interno è tutto sommato tranquillo (a differenza del lancio con lo Shuttle, che è invece molto traumatico). Al rientro è l'opposto: per oggetti come la Soyuz o come Schiaparelli, l'impatto con l'atmosfera è molto forte; per navicelle come lo Shuttle il rientro è invece molto simile a quello di un aeroplano di linea».

«Capire la differenza e i vantaggi dell'una o dell'altra modalità è fondamentale: mentre per la scienza l'unica soluzione che ha senso è quella studiata per la sonda Schiaparelli, con un piatto ablativo che protegge l'oggetto al rientro, per una missione con astronauti potrebbe non essere sufficiente, perché le capsule sono molto piccole. Lo Shuttle portava 20 mila kg, la Soyuz ha capacità di carico di 50-100 kg».

Nulla lasciato al caso. Per questi motivi, l'atterraggio di Schiaparelli è stato preparato nei minimi dettagli: dal paracadute di 12 m di diametro che rallenterà il lander portandolo a 250 km/h, fino ai radar altimetrici e ai 9 motori di frenata che controlleranno le ultime fasi di "caduta" su Marte, ogni aspetto della missione rappresenta un fiore all'occhiello dell'industria e della ricerca italiana (tra i poli coinvolti ricordiamo il CISAS dell'Università di Padova e l'INAF - Osservatorio Astronomico di Napoli).

made in italy. Italiani sono la progettazione e il coordinamento di entrambe le fasi (ExoMars 2016 e 2018); le componenti delle due sonde e la trivella del lander che tra due anni dovrebbe atterrare e scavare nel suolo marziano; italiani gran parte degli investimenti (l'ASI ha contrubuito per il 33% agli 1,2 miliardi di euro dei costi di missione), e dei responsabili degli esperimenti scientifici.

"Houston" è in Germania. Italiano è il supporto alle varie fasi del lancio, anche se il centro di comando vero e proprio si trova per ora al centro ESOC di Darmstadt, in Germania: da lì saranno seguite le operazioni fino al corretto aggancio della traiettoria di stasera e quelle di ammartaggio ad ottobre.

Intanto, nei laboratori della Thales fervono i preparativi per il 2018: cinque sale e 350 metri quadrati di riproduzione di terreno marziano saranno predisposti ad ospitare gli ingegneri e i tecnici di missione che tra due anni dovrebbero gestire, direttamente da Torino, la discesa del primo rover europeo su Marte.

ExoMars, ma non solo: qui il veicolo spaziale europeo IXV (Intermediate eXperimental Vehicle), un possibile erede dello Shuttle, prodotto da Thales Alenia Space e conservato nella sua sede di Torino. Si sente ancora l'odore di bruciato del suo viaggio spaziale. © Focus.it

Prove generali. Alla Thales si simuleranno le operazioni che il rover sarà chiamato a compiere, inclusa la trivellazione del suolo (a questo scopo sarà allestita una piccola duna artificiale). Già ad aprile 2016 il centro di Torino inizierà a scaricare i primi dati dal TGO, che funzionerà da ponte per le telecomunicazioni anche durante la fase 2 della missione.

Cacciatore di tempeste. Imparare a conoscere il suolo marziano sarà fondamentale per le future operazioni umane su Marte. ExoMars è la prima missione a raggiungere il Pianeta Rosso nella stagione delle tempeste, e a studiare il contributo del campo elettrico artificiale generato dalle polveri marziane alla formazione dei famosi diavoli di sabbia marziani (presenti anche in The Martian).

Francesca Esposito, principal investigator del payload di Schiaparelli DREAMS. © Inaf

Lo faremo con lo strumento DREAMS (Dust Characterisation, Risk Assessment, and Environment Analyser on the Martian Surface), il payload di superficie di Schiaparelli, la cui resposabile di progetto è l'italiana Francesca Esposito, 43 anni dell'INAF di Napoli.

E con AMELIA (Atmospheric Mars Entry and Landing Investigation and Analysis), che determinerà le condizioni dell'atmosfera marziana e le sue concentrazioni di CO2 nel corso della discesa di Schiaparelli (responsabile di questo strumento è un'altra donna, Francesca Ferri del CISAS di Padova).

Una volta a terra, il lander dovrà sopportare venti fino a velocità di 35 m/s: in pratica, in questa prima fase di missione ci "metteremo apposta nei guai" per capire che cosa ci attende in futuro: i primi terrestri a mettere piede su Marte dovranno moltissimo alla squadra di ExoMars.

14 marzo 2016 Elisabetta Intini
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