La prima nave interstellare terrestre è già in viaggio, anzi, in effetti sono almeno due - le sonde Voyager - e forse di più se consideriamo anche alcune delle sonde Pioneer, con le quali però non comunichiamo più e perciò tecnicamente sono da considerare perse.
Però... ci vantiamo di poco! Le Voyager saranno anche interstellari, ma di sicuro non sono "navi", al massimo barchette: il primo vero naviglio diretto ai confini del Sistema Solare e oltre, magari con un equipaggio umano, è ancora di là da venire - anche se qualcuno ci pensa più che seriamente.
È il caso di un team internazionale di scienziati coordinati da Ralph McNutt, dell'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University (Usa), che sta lavorando all'idea di una "vera" missione nello Spazio profondo, oltre la sfera di influenza del Sole: «Abbiamo già posto le premesse, e presto avremo qualcosa di ancora più interessante da sottoporre alla comunità scientifica», afferma McNutt riferendosi al documento Near-Term Interstellar Probe: First Step, presentato al 69° Congresso Astronautico Internazionale (ottobre 2018, Brema, Germania).


I temi del viaggio interstellare, delle sonde e delle missioni che preludono a quelle interstellari non sono nuovi, si legge nel documento, ma ancora non riescono a mostrare ai responsabili politici e alla comunità scientifica l'importanza di una simile impresa.
«I successi della sonda Parker Solar, che oggi è l'oggetto umano più vicino al Sole, e le scoperte della New Horizons nella Fascia di Kuiper ci portano più vicini al progetto più ambizioso di una navicella progettata per una missione interstellare», afferma McNutt.
Primi passi. McNutt ritiene che una buona premessa a una missione interstellare potrebbe essere un veicolo spaziale capace di viaggiare fino a 1.000 Unità Astronomiche - perciò ben oltre il confine convenzionale del Sistema Solare, che ha un diametro di 240-260 UA - ottimizzando e utilizzando le attuali tecnologie.
Una Unità Astronomica (UA) è la distanza media Terra-Sole, circa 150 milioni di km


«Sarebbe un approccio ottimale», commenta Paul Gilster, che sul Web tiene il blog Centauri Dreams, dove si discutono le idee più innovative per l'esplorazione dello Spazio profondo, «sia per il potenziale ritorno scientifico, sia per l'impatto che si avrebbe sui sistemi di propulsione, sulle comunicazioni e sulle tecnologie dei sensori.» Di certo una missione del genere sarebbe anche una miniera di preziose informazioni su ciò che ci aspetta oltre l'eliopausa, quel confine che poniamo a 80-100 UA oltre il quale il vento solare è fermato dal mezzo interstellare galattico.
Ulteriori missioni potrebbero arrivare poi fino alla Nube di Oort, che racchiude il Sistema Solare come un guscio d'uovo da 1.000 a 100.000 UA dal Sole. «Non è possibile immaginare viaggi verso stelle lontane senza conoscere la regione di Spazio attorno a noi, oltre l'eliopausa», conclude Gilster.


«Una navicella per una missione interstellare potrebbe essere approntata e lanciata prima del 2030 e raggiungere le 1.000 UA in 50 anni, il tutto utilizzando solamente tecnologie aerospaziali consolidate», afferma il fisico esperto di propulsione Marc Millis, fondatore della Tau Zero Foundation: «la Voyager 1 è arrivata a 142 UA in quattro decenni... Oggi, una sonda interstellare potrebbe arrivare più lontano in meno tempo, anche se siamo ancora molto lontani dal poter arrivare fino a un altro sistema stellare.»
In effetti, 1.000 UA sono circa 0,016 anni luce, da fare in cinquant'anni. La stella più vicina al Sole, Proxima Centauri, si trova a circa 4,2 anni luce di distanza...