La regione centrale della nostra Galassia è rimasta misteriosa per molto tempo e solo recenti osservazioni, rese possibili dai grandi telescopi europei dell'emisfero australe, hanno confermato ciò che si ipotizzava da tempo: nel nucleo della Via Lattea c’è un buco nero supermassiccio.
A causa delle dense e fredde nubi di polveri interstellari che si interpongono lungo la linea di vista, il centro galattico non può essere studiato alle lunghezze d'onda del visibile, dell'ultravioletto e dei raggi X molli; tutte le informazioni di cui disponiamo ci sono fornite dall'osservazione a raggi gamma, raggi X ad alta frequenza, infrarossi e onde radio.


Un fiotto di raggi X mai osservato in precedenza. Adesso, grazie all’osservatorio orbitante per raggi X Chandra della NASA, è stata osservata la più intensa emissione di raggi X mai vista provenire dal buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, denominato Sagittarius A* o Sgr A*, che dista da noi circa 26.000 anni luce e la cui massa è stimata in circa 4,5 milioni quella del Sole. Un evento che solleva interrogativi sul comportamento di questo buco nero e dell’ambiente circostante.
La scoperta è avvenuta per caso, mentre Chandra era puntato su Sgr A* per osservare la sua interazione con una nube di gas, la G2, nelle sue vicinanze. "Purtroppo, la nube di gas G2 non ha prodotto i fuochi d'artificio che speravamo quando è arrivata vicino a Sgr A *," ha dichiarato Daryl Haggard del Amherst College (Massachusetts, USA), coordinatore della campagna di osservazioni. "Tuttavia, la natura spesso ci sorprende e abbiamo visto qualcosa che è stato davvero emozionante."
Le ipotesi. L’evento osservato il 14 settembre 2013 è stato 400 volte più luminoso delle normali emissioni in raggi X connesse a buchi neri. Un altro brillamento, 200 volte superiore all’emissione normale, è stato osservato il 20 ottobre 2014. L’ipotesi è che questi brillamenti siano stati prodotti da qualche corpo celeste stritolato dalla potentissima attrazione del buco nero e i cui detriti avrebbero vorticato intorno ad esso per circa due ore, riscaldandosi a temperature tali da emettere raggi X, prima di essere inghiottiti. Si cerca inoltre di capire se vi sia un qualche nesso con la nube di gas G2, che si trova ad una distanza di circa 25 miliardi di km dal buco nero. Un’altra possibilità è che questi brillamenti X possano essere dovuti a fenomeni connessi con il fortissimo campo magnetico attorno al buco nero. Se le linee di forza del campo magnetico si riconfigurano e si ricollegano, potrebbero dare origine ad una grande esplosione di raggi X.
Tali eventi hanno luogo regolarmente sul Sole e quelli osservati in corrispondenza a Sgr A * potrebbero essere originati da un meccanismo simile anche se a livelli di intensità molto superiori.