Il Sole giocherà un ruolo fondamentale nel futuro dell'esplorazione spaziale. I rover che le agenzie spaziali si preparano a far sbarcare su Marte e sulla Luna saranno infatti alimentati tramite pannelli fotovoltaici dall'energia della nostra stella.
Ma se gli scienziati volessero esplorare i poli della Luna, o l'interno di un cratere di Marte dove la luce del Sole non arriva? La soluzione è in una nuova tecnologia sviluppata dall' ESA e chiamata PHILIP - Powering rovers by High Intensity Laser Induction on Planets. Si tratta di una sorta di sistema per la "trasmissione" di energia wireless che utilizza un raggio laser.
Energia laser. I rover arrivano sui pianeti da esplorare con un lander, una navicella madre che li protegge durante l'atterraggio e li fa sbarcare nel punto di atterraggio scelto dagli scienziati.
L'idea dell'ESA è quella di far atterrare il lander in una zona illuminata dal Sole, raccogliere l'energia solare con dei pannelli fotovoltaici e convogliarla in un raggio laser.
Grazie a uno speciale proiettore questo raggio può essere indirizzato verso il rover, dove viene raccolto da uno speciale sensore che lo converte in energia elettrica.
Esplorazioni al buio. Il laser ha un raggio operativo di circa 15 km: ciò significa che il rover può allontanarsi dal lander e spingersi ad esplorare anche zone non illuminate direttamente dalla luce del Sole. Un modulatore di segnale permette di codificare un segnale dati all'interno del raggio laser, così da utilizzarlo anche come linea di comunicazione tra il rover e il lander.
Meglio del nucleare. Questa tecnologia sembra una valida alternativa all'energia nucleare, utilizzata per alimentare Curiosity e anche Perseverance, il prossimo rover in partenza per Marte.
Oltre che molto complesso, l'impiego del nucleare presenta problemi pratici, soprattutto legati alle alte temperature che sviluppa: per esempio rende molto complessa l'analisi dei campioni di ghiaccio.