Era stato anticipato l'anno scorso e oggi ne abbiamo la conferma: gli Emirati Arabi Uniti invieranno una sonda nell'orbita di Marte. UAESA, l'agenzia spaziale emiratina, ha solo 10 mesi, ma sa già il fatto suo e ribadisce la volontà di competere con le emergenti Cina e India nella corsa allo spazio.
Una nuova speranza. Si chiamerà Hope, al-Amal in arabo, e se tutto va come previsto sarà pronta nel 2020. Si tratterà di un notevole balzo in avanti per l'esplorazione spaziale degli Emirati Arabi Uniti, che per adesso conta solo due piccoli satelliti terrestri.


«La sonda degli Emirati rappresenta l'ingresso del mondo islamico nell'era dell'esplorazione spaziale» aveva dichiarato il presidente degli Emirati Khalifa bin Zayed bin Sultan Al Nahyan in occasione dell'annuncio, lanciato durante il cinquantesimo anniversario della fondazione dello Stato. «Stiamo lavorando duramente per diversificare la nostra economia e questa è una delle misure che stiamo adottando» ha aggiunto mercoledì scorso Sarah Amiri, ingegnere e manager della missione, durante la presentazione di Hope.
Obiettivi. Oggi sono stati resi pubblici gli obiettivi della missione: mappare il clima del pianeta e studiarne l'atmosfera dalla sua orbita. Il veicolo spaziale sarà dotato di spettrometri per captare segnali infrarossi e ultravioletti e di una camera digitale. A chi si chiede se la missione non ricalchi quelle della nuova sonda Nasa Maven, David Brain dell'Università del Colorado che sta lavorando sia su Maven, sia su Hope, risponde sul New Scientist: «le misurazioni sono uniche e distinte. I due studi saranno complementari».

Nuove opportunità. Roberto Battiston, presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, già a luglio aveva espresso la sua opinione positiva in merito all'iniziativa emiratina: «date le risorse a disposizione e i grandi progetti imprenditoriali intrapresi con successo nel corso dell’ultimo decennio, lo spazio sta affermandosi prepotentemente a livello globale in uno scenario moderno in cui ci sono molti più attori che nel passato. Per l’Europa e per l’Italia si tratta di una grande opportunità, considerando le competenze che abbiamo in questo settore e i rapporti economici e politici con gli Emirati, opportunità che non dobbiamo farci sfuggire».