Spazio

EmDrive, il motore che ci porterà su Marte. Forse

Si è riacceso, come periodicamente avviene, il dibattito sul motore "impossibile" in grado di coprire distanze siderali senza utilizzare propellente, contravvenendo a un basilare principio fisico. Che cosa c'è di vero? Cerchiamo di fare chiarezza.

Maggio 2015 - Qualche giorno fa un aggregatore di contenuti sui voli spaziali, NasaSpaceFlight.com, ha pubblicato un articolo che ha fatto scattare sulla sedia gli amanti dei film di fantascienza.

Nell'articolo si legge che i ricercatori degli Eagleworks Laboratories (Nasa Johnson Space Center) avrebbero testato con successo in condizioni di vuoto un motore chiamato EmDrive: un sistema di propulsione che non richiede carburante, ma solo elettricità.

Su Marte in due mesi. Ad alimentare il propulsore sarebbero onde elettromagnetiche prodotte in un serbatoio a campana cavo. Rimbalzando da una parte all'altra della cavità, le microonde assumerebbero una configurazione particolare (vedi foto sotto) e, grazie a questa, generare una spinta poderosa, in teoria sufficiente a coprire la distanza Terra-Marte in appena 70 giorni.

La distribuzione del campo magnetico all'interno del motore EM Drive. © NASA Eagleworks

Vettori addio. Se fosse vero, significherebbe aver trovato un sistema di propulsione dall'autonomia pressoché illimitata: basterebbe fornire navicella di un sistema di produzione energetica (per esempio, pannelli solari) per generare una spinta costante senza bisogno di costosi e pesanti razzi.

Un prototipo di EM Drive. © NASA Eagleworks

Se fosse vero... L'articolo ha però suscitato un vespaio per un motivo tutt'altro che trascurabile. EmDrive, ideato nei primi anni 2000 dall'ingegnere aerospaziale britannico Roger Shawyer, contraddice una delle fondamentali leggi della fisica newtoniana: quella della conservazione della quantità di moto, in base alla quale la quantità di moto in un sistema isolato è costante nel tempo.

In sintesi, questo principio afferma che per generare una spinta in una data direzione un propulsore deve espellere propellente nella direzione opposta. Violarlo sarebbe come pretendere che uno scooter partisse semplicemente perché vi ci sediamo sopra.

Buco nell'acqua. Già nel 2014 l'annuncio dell'effettivo funzionamento di una particolare versione di EmDrive, un motore ribattezzato Cannae Drive, ideato dallo scienziato americano di origini italiane Guido Fetta, era stato smentito dalla comunità scientifica. Gli esperimenti al Johnson Space Center della Nasa non erano avvenuti in condizioni di vuoto e i risultati, affermarono gli scettici, erano stati condizionati da fattori ambientali esterni.

Fuori dalle righe. A febbraio 2015 Paul March, ingegnere della Nasa Eagleworks, ha annunciato su un forum che una nuova serie di esperimenti del motore nel vuoto assoluto ha dato buon esito (nel post seguono scrupolosi dettagli tecnici). Questo intervento è stato ripreso nell'articolo di NasaSpaceFlight.

Ma un post su un forum non può avere la stessa credibilità scientifica di un articolo in peer review (cioè pubblicato su una rivista scientifica, dopo un attento processo di revisione da parte di altri scienziati), né di una presentazione in ambito accademico.

In attesa di verifiche. I - deboli - risultati, una spinta di 0,00061183 tonnellate prodotta da 10 kilowatt di energia, dovranno essere replicati nel vuoto, soggetti a rigorosi controlli e conquistarsi una pubblicazione scientifica, prima di risultare credibili.

Il mondo scientifico è pieno di controverse teorie dalle prospettive entusiasmanti (si pensi alle ricerche sulla fusione fredda) in perenne attesa di essere validate.

Non è la prima volta. C'è poi da ricordare che il tema del viaggio su Marte suscita sempre speculazioni ardite. Nel 1998, il fisico Premio Nobel italiano Carlo Rubbia propose un sistema di propulsione nucleare basato su un razzo a neutroni alimentato con il raro isotopo americio 242. Tale sistema, dal nome in codice Progetto 242, consentirebbe, secondo Rubbia, di arrivare su Marte in appena 45 giorni.

Il progetto è stato sottoposto a uno studio di fattibilità dell'Agenzia spaziale italiana (ASI), che ha dato esito positivo. Ma l'isotopo su cui si basa, rarissimo e costoso da produrre, insieme all'annoso e necessario dibattito politico sul nucleare, hanno messo in stallo la proposta.

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11 maggio 2015 Elisabetta Intini
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